Il punto della situazione: dall'aumento del numero di esemplari agli attacchi, dalle regole sugli abbattimenti alle discussioni che le circondano

A più di 120 anni dalla sua scomparsa, il lupo è tornato in Svizzera a metà degli anni Novanta. Ricolonizza il Paese in arrivo dall'Italia. Per oltre quindici anni, in Svizzera sono stati osservati solo pochi individui o coppie isolate. Solo nel 2012 si è formato il primo branco nel massiccio del Calanda, tra i Grigioni e San Gallo. Da allora, altri branchi si sono stabiliti nei Grigioni, Glarona, Ticino, Vallese e Vaud.

Alla fine del 2022, c'erano 18 branchi di lupi svizzeri e otto branchi transfrontalieri, per una popolazione totale di 240 lupi, secondo il conteggio annuale della Fondazione KORA, specializzata in ecologia dei carnivori e gestione della fauna selvatica.

La crescita si è accelerata negli ultimi anni. Nel 2019 un primo branco si è stabilito nel Giura vodese, al quale se ne sono aggiunti altri due o tre. Prove della presenza del lupo sono già state trovate in almeno venti cantoni, tra cui Neuchâtel, Friburgo, Berna e Giura in Romandia.

I dati più recenti della Fondazione KORA mostrano 32 branchi (dieci dei quali transfrontalieri) e sei coppie attive in Svizzera. Queste cifre non comprendono gli individui isolati osservati nelle Alpi e lungo la catena del Giura. Alcuni individui si sono addirittura spinti fino alle pianure.

Logicamente, anche il numero di capi di bestiame uccisi è in aumento. Secondo l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM), l'anno scorso quasi 1'500 animali sono stati preda del lupo, rispetto a poco meno di mille nel 2020 e 2021. Tra il 2009 e il 2019, il predatore ha mietuto alcune centinaia di vittime ogni anno. Gli allevatori vengono compensati per ogni animale ucciso. Dalla fine degli anni '90 sono stati versati più di tre milioni di franchi svizzeri, di cui circa 700'000 solo per il 2022, secondo la Confederazione.

In un comunicato stampa di metà ottobre, il Gruppo Lupo Svizzero ha tuttavia rilevato che quest'anno i danni alle mandrie sono diminuiti notevolmente, grazie a misure di protezione come l'uso di cani da pastore e di recinzioni. "Anche quest'anno, l'80% dei danni in Vallese riguarda mandrie non protette", sottolinea. Nei primi anni 2000, un lupo uccideva in media 33 pecore all'anno, contro le cinque di oggi, aggiunge l'associazione, il cui statuto promuove la convivenza pacifica con i grandi predatori.

Secondo la Fondazione KORA, almeno il 50% del territorio nazionale - in particolare le Alpi e la catena montuosa del Giura - è un habitat adatto al lupo. Da un punto di vista puramente biologico, nel paese potrebbero vivere tra i 50 e i 100 branchi di lupi. Inoltre, secondo uno studio scientifico internazionale condotto nel 2016, la Svizzera dovrebbe ospitare almeno 17 branchi per garantire la vitalità a lungo termine della specie sulle Alpi.

Il dibattito sul lupo in Svizzera rimane estremamente acceso. Gli ecologisti ritengono che l'animale dovrebbe essere autorizzato a prosperare nel nostro Paese. I grandi predatori sono il modo più efficace per regolare il numero di cervi e altri erbivori che causano enormi danni alle foreste, sottolineano. Gli allevatori, invece, sottolineano le conseguenze economiche degli attacchi alle loro mandrie e il benessere delle persone che possono entrare in contatto con il predatore.

Regolazione preventiva piuttosto che reattiva

Al fine di garantire una coesistenza sostenibile tra l'uomo e i predatori, il Consiglio federale ha deciso pochi giorni fa di attuare la prima parte della modifica della legge sulla caccia, che allenta le condizioni per l'abbattimento. "I cantoni possono uccidere dei lupi per prevenire i danni, invece che solo una volta che si sono verificati", spiega il Governo. Questa rivoluzione nella strategia di regolamentazione del lupo entrerà in vigore il 1° dicembre.

Il Consiglio federale sottolinea che il lupo rimane una specie protetta. "Non si può sparare ai branchi che non rappresentano un problema", sottolinea Albert Rösti. I Cantoni non potranno sterminare interi branchi senza alcuna giustificazione. Il Governo ha anche diviso il Paese in cinque regioni, ciascuna con un numero minimo di due o tre branchi. In totale, la Svizzera dovrà mantenere almeno 12 branchi. Ciò rappresenta una potenziale riduzione di circa il 70% del numero di branchi rispetto alla situazione attuale.

Simone Fassora

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I Grigioni non hanno perso tempo ad annunciare le loro intenzioni. Martedì hanno chiesto alla Confederazione l'autorizzazione per eliminare quattro dei dodici branchi presenti nel cantone. Le autorità grigionesi vorrebbero anche abbattere fino a due terzi dei cuccioli di due branchi vicino a Davos e in Val Poschiavo. In totale, saranno presi di mira fino a 27 animali, oltre ai 17 esemplari di cui è stato approvato l'abbattimento. Attualmente il cantone conta circa 130 lupi nel suo territorio.

La situazione del lupo in Svizzera

Quest'anno i lupi hanno ucciso molti meno animali rispetto a quello precedente, anche se il numero di predatori in Svizzera continua a crescere

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Nel fine settimana, i lupi del branco di Kärpf (GL) hanno sbranato diversi alpaca. Uno è morto questa mattina, dice Urs Elmer. La sua famiglia di allevatori ha perso in totale otto animali e altri tre sono rimasti feriti. "Ho visto quanto sono violenti i lupi". Gli alpaca non avevano alcuna possibilità. "Possono difendersi da un lupo da solo, ma non da più animali".

Tuttavia, gli ultimi dati mostrano che le predazioni da parte di lupi sono in calo. Fino alla fine di settembre dell'anno scorso, nei cantoni con branchi di lupi, sono stati uccisi oltre 1'200 animali. Quest'anno, nello stesso periodo, ne sono stati uccisi 850, con una diminuzione del 29%.

Il calo è particolarmente forte nei Grigioni (-50%) e nel canton Glarona (-80%). Le uccisioni di lupi sono diminuite anche in Vallese e Ticino. Nei cantoni di Vaud e San Gallo, invece, il numero di attacchi è rimasto stabile.

Pro Natura: "Misure di protezione fondamentali"

Il calo del numero di attacchi ha è legato all'ampliamento della protezione delle greggi, secondo Pro Natura. "Protezione che il gregge è accompagnato da cani da guardia e/o da pastori". Un'altra possibilità è che i pastori proteggano le loro mandrie con recinzioni elettriche per i lupi, afferma Sara Wehrli di Pro Natura.

"Le misure di protezione delle greggi funzionano generalmente molto bene contro il lupo", ha detto Wehrli. Tuttavia, ha detto, ci sono singoli animali e, raramente, intere mandrie che imparano a eludere le misure di protezione. In questi casi, però, si può intervenire già oggi e sparare ai lupi.

Il presidente della Federazione svizzera d'allevamento ovino, Lukas Berger, ha una spiegazione diversa per il calo degli attacchi. La diminuzione del numero di predazioni è legata al calo degli animali sugli alpeggi a causa del lupo. "Molti agricoltori alpini sono mentalmente al limite. Ogni attacco è uno di troppo. La pressione psicologica sulle persone colpite è enorme".

Dal punto di vista di Pro Natura, la soluzione è un ulteriore ampliamento della protezione delle greggi. Questo perché l'80% degli attacchi si verifica in greggi non protette, ha detto. "Questo dimostra che c'è un grande bisogno di espansione", afferma Wehrli. Quest'anno, sottolinea, i fondi per la protezione delle greggi erano esauriti già a giugno. Ha detto che è chiaro che la protezione delle greggi deve continuare a essere finanziata dalla Confederazione.

Anche Lukas Berger sostiene le misure di protezione. Vicino a Spiez, nell'Oberland bernese, alleva lui stesso le pecore e le protegge con un recinto elettrico. Tuttavia, la protezione delle greggi a volte mostra i suoi limiti. Ci sono già stati attacchi contro greggi protette, dice Berger: "A causa delle condizioni topografiche, non tutte gli alpeggi possono essere protetti". Proteggere le greggi è certamente importante e giusto. "Ma non è possibile ovunque allo stesso modo".

Berger conta quindi sulla nuova ordinanza sulla caccia della Confederazione, che prevede l'abbattimento preventivo di lupi, anche se non hanno ancora ucciso animali da allevamento.

Più lupi, meno attacchi

Lupo: abbattere o proteggere?

Nelle regioni di montagna, i bracconieri godono di maggiore simpatia rispetto ai lupi a causa della rabbia degli allevatori per l'uccisione dei loro animali 

Accanto al recinto delle pecore, Matthias Schnyder ha sparato al lupo M250 all'alba. Condannato per bracconaggio, ci riceve sulla scena del crimine. "Arrivo alla stalla, faccio un controllo, ero armato. In quel momento vedo il lupo che attacca le pecore", così Schnyder ricorda il momento in cui ha sparato al lupo nell'ottobre 2022. "Sapevo cosa stavo facendo. In Svizzera abbiamo delle leggi. Lo sapevo esattamente: il lupo è un animale protetto. Ma ho anche un obbligo nei confronti dei miei animali".

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Più di un lupo su sette vittima di bracconaggio

I lupi hanno molti nemici in Svizzera e vengono regolarmente uccisi illegalmente. Per lo più con armi da fuoco, ma anche con il veleno. Una ricerca della SRF mostra che più di un lupo su sette trovato morto è stato vittima del bracconaggio.

I lupi morti dal 1998 fino alla fine di agosto 2023 sono stati 128. Undici di loro sono stati uccisi illegalmente. In altri otto casi di lupi abbattuti legalmente o uccisi in un incidente stradale, le indagini hanno dimostrato che i lupi erano stati precedentemente abbattuti illegalmente. Dati confermati dall'Ufficio federale per l'ambiente (UFAM). Inoltre, non tutti i lupi morti vengono trovati. Il numero effettivo di casi di bracconaggio potrebbe quindi essere ancora più alto.

C'è una storia dietro lo sparo fatale di Matthias Schnyder. Un fatto che aveva messo a dura prova il contadino di montagna. Due notti prima, il lupo attacca il gregge di pecore che pascola vicino alla stalla. Schnyder scopre circa una dozzina di pecore morte e ferite. Un'immagine che gli rimane impressa.

Si preoccupa delle sue pecore, dorme male. Quindi prende dall'armadio un fucile - arma per la quale non aveva un permesso - e si dirige verso il fienile. Quando il lupo riappare, reagisce. "L'adrenalina sale subito sulla punta delle dita", dice Schnyder. Da 50 metri spara al lupo. "Col senno di poi, forse si può dire che avrei potuto sparare in aria e non direttamente al lupo". L'animale ferito corre verso il limitare della foresta e muore.

Sui social media, l'allora sconosciuto allevatore viene celebrato da alcuni, criticato da altri. Quest'estate, la Procura dell'Alto Vallese ha condannato Schnyder per bracconaggio e violazione della legge sulle armi.

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Lui si vede come un pastore che ha fatto il suo dovere: "Non sono un bracconiere. Ho protetto le mie pecore. Sono stato condannato come bracconiere, è vero. Ma non sono un pazzo che caccia lupi o trofei". Schnyder ne subisce le conseguenze: una pena pecuniaria sospesa di 4'000 franchi e una multa di 950 franchi. Anche se ha agito in modo sbagliato secondo la legge, è convinto di aver agito in modo moralmente giusto.

Un lupo su sette ucciso di frodo

Un reportage tra la Val Vergeletto, in un alpeggio caricato con 200 pecore, e la Leventina, dove vive la proprietaria degli ovini già vittima di attacchi la scorsa estate

"Mi piacerebbe incontrare un lupo un giorno, ma non è ancora successo”. Benjamin mi sorprende subito, non è la classica risposta che ti aspetti da un pastore. D’altronde questo 33enne tedesco ha un percorso particolare: formazione da grafico e i più svariati lavori nel curriculum, prima di diverse esperienze sugli alpi svizzeri negli ultimi sei anni tra Vallese e Grigioni, sempre occupandosi di pecore e capre in montagna. Ma noi siamo qui all’Alpe Arena, in Val Vergeletto, non per parlare del suo passato, ma di lupo e protezione delle greggi.

A livello di protezione, continua il pastore, "le cose stanno andando bene: abbiamo ora la possibilità di rinchiudere le pecore di notte nel fienile, di costruire un recinto elettrificato o di sfruttare quello già piazzato lo scorso anno per le capre, dove ora possiamo mettere le pecore. È comodo perché almeno possiamo spostarlo ogni tre giorni per garantire il benessere degli ovini. Qui c’è anche il vantaggio che è una zona turistica con parecchi passaggi, cosa che probabilmente aiuta a tenere un po’ più lontano il lupo".

Benjamin in Vallese ha avuto contatti con un contadino che dopo una serie di attacchi ha lasciato l’attività, distrutto psicologicamente, e nei Grigioni si è pure ingegnato con soluzioni fai-da-te stile spaventapassero e fuochi accesi… e finora non ha mai subito attacchi. Le circa 200 pecore di cui si occupa - insieme alla compagna Eva Clivio - appartengono a Giulia Giugliemma, allevatrice leventinese di Sobrio che lo scorso anno aveva subito un’importante predazione in Val Bavona, sull’alpe d’Antabia. E sono in realtà una soluzione di ripiego, visto che quest’alpeggio è tradizionalmente caricato con capre e mucche.

"C'erano diverse possibilità, ma o c’erano problemi di organizzazione e tempistiche, oppure c’era chi non voleva proprio per paura, anche con mucche e capre. A un certo punto abbiamo detto ok, dobbiamo trovare una soluzione e abbiamo deciso per le pecore".

Paure in parte immaginabili: qui siamo a due passi dall’italiana Val Grande, da dove un branco di lupi transfrontaliero ha più volte fatto incursioni in terra locarnese, in particolare in zona Cimalmotto-Bosco Gurin. Ad ogni modo la questione lupo, pur non turbando i sonni di Benjamin, crea parecchio lavoro in più e non sempre è facile far tornare i conti. Ma, nonostante le difficoltà, il pascolo degli animali in montagna va comunque salvaguardato per Benjamin, a tutto vantaggio della biodiversità, della tradizione e del paesaggio. Per questo secondo il pastore il canide va gestito: “È un tema non facile e che divide, ma penso che le preoccupazioni dei contadini di montagna e dell’economia alpina siano giustificate. C’è chi vorrebbe che il lupo non si tocchi e poi chi vorrebbe eliminarli tutti…io penso che una normativa e una regolazione ci vogliano, perché finché sono due lupi è una cosa, ma quando sono sempre di più, sempre di più e continuano a crescere tutto cambia… e ad occuparsene dovrebbero essere gli specialisti”.

Lascio così Benjamin e riprendo il sentiero per la capanna Salei, dove incontro il guardiano Gianluca, che gestisce la struttura con la moglie. Anche a lui chiedo brevemente del lupo. "Lo scorso anno ha attaccato delle capre da queste parti e ne ha uccise quattro o cinque. Stiamo più all'occhio, ma non siamo spaventati", garantisce il guardiano.

La proprietaria: "Grande fatica. Ma da 22 anni tengo duro"

Dopo una lunga trasferta giungo anche da Giulia Giugliemma, la proprietaria delle quasi 200 pecore che ho incontrato qualche ora prima in Val Vergeletto. Mi mostra una pecora con tre zampe: "È stata azzannata dal lupo tre anni fa". Dopo le predazioni in Antabia del 2022 Giulia era molto turbata: "Andare avanti non è stato per niente facile - racconta -. Ho dovuto fare la fienagione e accudire le pecore e gli agnelli che erano feriti. È stata una grande fatica, fisica e psicologica". Ma l'idea di mollare, dice, non l'ha mai sfiorata: "Sono 22 anni che vado avanti da sola. Aiutata sporadicamente da mio figlio". A conferma che qui sono ossi duri, anche per le zanne del lupo.

Convivere con il predatore

Maurizio Minoletti dell’Alpe Rompiago, giunto al limite della sopportazione dopo 7 anni: “Ucciso un terzo del gregge”

Quando il lupo spinge a gettare la spugna. La presenza sempre più diffusa del canide anche in Ticino continua a tener banco e, se ieri (mercoledì) si è parlato del progetto ticinese che mira a proteggere le greggi grazie all’utilizzo di feromoni, oggi vi proponiamo la testimonianza di Maurizio Minoletti, un noto agricoltore, che ha deciso di gettare la spugna, di vendere gli animali, lasciare l’Alpe Rompiago - nei pressi del Monte Bar - e di abbandonare la professione. E sono in tanti, in Ticino, i contadini che stanno facendo la stessa scelta. 

Minoletti gestisce l’alpe Rompiago da 7 anni ed è un personaggio molto noto nell’ambiente, anche perché il Monte Bar è un luogo molto frequentato dai turisti. Ma Minoletti ha deciso di lasciare, di cambiar vita. Colpa soprattutto delle predazioni. 

“Purtroppo in questa zona la pressione dei lupi aumenta di anno in anno. Siamo partiti con 5 o 6, ad oggi siamo più o meno sui venti esemplari. In tutto quest’anno sono stati uccisi 12 animali, altri 5 sono stati feriti. Complessivamente nei sette anni siamo a oltre 50 capre predate e otto pecore, circa un terzo del gregge. Finché ne trovi uno morto e mangiato ti fa male, però ci sta. Quando cominci a vederli con 15-16 morsicature e ancora vivi, quello fa malissimo”. 

Minoletti conferma poi di conoscere molti colleghi che stanno pensando di abbandonare il mestiere come lui, “anche perché ti senti davvero abbandonato da tutti”. 

In questi anni l’allevatore ha provato a proteggere i suoi animali: “Noi abbiamo i cani da protezione da 15 anni. Purtroppo però, quando i lupi sono così numerosi riescono a distogliere l’attenzione dei cani e a predare comunque le capre. Il maschio pesa circa 56 chili ed è un pastore dei Pirenei, ma l’anno scorso è stato morsicato dai lupi sulla schiena ed era completamente aperto. E sottolineo che noi siamo tra quelli fortunati qua in zona, i nostri vicini di Alpe, nell’ultima predazione credo che abbiano perso 13 capi in una notte… Ormai questi episodi non vengono neanche più scritti dai giornali o riportate dai media”. Con i cani da protezione Minoletti ha poi avuto anche problemi di convivenza con i turisti, con alcuni ciclisti “poco rispettosi” che sono stati morsi. 

La scelta di lasciare l’alpe e di lasciare il mestiere, è per Maurizio molto dolorosa: “Penso che a lungo andare quelli che riusciranno a sopravvivere in questi anni un qualche segnale positivo lo vedranno. Il punto è quanti riusciranno a sopravvivere fino ad allora. Sono sette anni che sono in questo alpeggio, ma sono 18 anni che facciamo questo lavoro. Ed è durissima, non vediamo un futuro, è impossibile”.

E cosa farà quindi ora Maurizio Minoletti? “Probabilmente prenderemo un grotto”, conclude non senza amarezza. 

“Così non va, mollo tutto” 

Paragonatevi con il resto della Svizzera

Cani da protezione del bestiame, problemi in valle

In inverno, le greggi di pecore sono accompagnate al villaggio dai cani e si creano tensioni con le persone a passeggio

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Ogni tanto si sente il rumore di un aereo o l'abbaiare dei cani che sorvegliano la mandria della famiglia Bernold. Sono i cosiddetti cani da montagna dei Pirenei che fanno la guardia alle pecore nella fattoria di Mels e in un pascolo a Coira. Animali grandi e forti con un muso simile al Golden Retriever.

I cani sono con il gregge di pecore, che è recintato. "Tengono d'occhio ciò che accade intorno al recinto e difendono il gregge, anche a valle", dice Olivia Bernold, contadina e proprietaria dei cani.

"Qui ci sono sempre incontri spiacevoli con  chi passeggia, chi fa jogging o chi va a cavallo", dice Olivia Bernold. "La gente ha già chiamato la polizia perché uno dei cani era fuori dall'area di pascolo recintata", aggiunge Martin Bernold. Una situazione difficile per loro.

La protezione delle greggi con i cani è un concetto che la Confederazione persegue dall'inizio del secolo, quando il lupo è ricomparso in Svizzera.

Esistono obiettivi contrastanti tra la sicurezza, la protezione delle greggi e la protezione della selvaggina. "La priorità assoluta è che il proprietario del cane lo tenga sempre sotto controllo", spiega Thomas Christen, veterinario cantonale di San Gallo.

Vengono valutate le persone che detengono ufficialmente cani da protezione del bestiame. Esistono requisiti e controlli, come scrive il Servizio di protezione delle greggi. In estate, ad esempio, l'unità specializzata indica sul suo sito web anche i punti in cui vengono impiegati i cani da protezione del bestiame, in modo che gli escursionisti possano orientarsi.

"Tuttavia, ci sono sempre più proprietari di cani che tengono cani da protezione del bestiame privatamente", dice Thomas Christen. Rinunciano ai pagamenti diretti della Confederazione. D'altra parte, i loro animali non sono ispezionati e controllati con la stessa attenzione dei cani da protezione ufficiali. Secondo il veterinario cantonale, ciò non è privo di problemi.

A seguito di incidenti che coinvolgono cani da protezione del bestiame, i cantoni possono ordinare misure che vanno da quelle educative alla museruola fino alla confisca o all'uccisione del cane. Ogni cantone ha le proprie leggi.

"Si tratta della coesistenza di agricoltura e lupi", ha sottolineato il direttore dell'Unione dei contadini di San Gallo, Mathias Rüesch, durante un evento informativo a marzo. Naturalmente, un cane responsabile di una grande mandria non può essere un docile cagnolino.

Mila Yong, di WWF Appenzello, ha chiesto di collaborazione all'evento: "Gli abitanti della valle devono accettare il fatto che, per un certo periodo di tempo, potrebbero dover camminare con un po' più di cautela lungo i prati".

I cani hanno bisogno di addestramento regolare

"I cani da protezione del bestiame in inverno a volte sono poco impegnati", osserva il veterinario cantonale. L'addestramento regolare è importante. E aggiunge che nel canton San gallo non si sono verificati più incidenti con cani da protezione del bestiame che con altri cani.

I quattro cani di Bernolds sono addestrati a proteggere il loro gregge praticamente da soli, 24 ore su 24, sull'alpe.

"Abbiamo un buon rapporto con i vicini", affermano Olivia e Martin Bernold. "Ma vorremmo vedere un po' più di comprensione da parte di quelle persone che passano vicini ai cani da protezione nella valle".

A fine maggio si torna sull'alpe, con i quattro cani da protezione che da otto anni fanno parte della squadra. "Da allora non abbiamo subito un solo attacco di lupi".

Cani da protezione, problemi in valle

Un collare antilupo per proteggere le greggi

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Un collare con feromoni in grado di respingere i lupi è stato sviluppato da ricercatori svizzeri. Attualmente è in fase di sperimentazione su 23 alpeggi, con risultati iniziali promettenti

Sviluppato da due ricercatori di Vaud e Ticino, il sistema utilizza feromoni di lupo mescolati a cera vegetale. La miscela indurita viene posta in una scatola che si attacca al collare dell'animale, emanando un odore caratteristico per tre o quattro mesi.

Questi feromoni vengono respirati dal lupo, innescando un segnale nel cervello del predatore. "Penserà di essere nel territorio di un altro lupo o in una zona dove non può entrare. Quindi deve allontanarsi per non entrare in conflitto con un altro animale", spiega il ricercatore Davide Staedler, direttore dell'azienda TIBIO.

Il collare costa 25 franchi. Oggi, 657 animali partecipano a questo esperimento. Solo un animale che indossava un collare antilupo è stato vittima del predatore. L'animale era di un allevatore vodese.

"Una delle nostre mucche aveva un collare, ma glielo avevamo messo da poco. Da allora lo abbiamo messo a tutta la mandria e non abbiamo avuto nuovi attacchi, ma ora sono altrove", spiega Gérald Rime.

Tuttavia, TIBIO e Studio Alpino, le aziende che sviluppano questi collari, rimangono caute. "Non vogliamo alimentare false speranze. Vogliamo che sia chiaro che si tratta di un test. I risultati sono molto positivi, ma non possiamo ancora dire che funziona a tutti i costi. Abbiamo bisogno del sostegno delle autorità e dei contadini per poter costruire questo progetto insieme", spiega Davide Staedler.

Diversi cantoni e l'Ufficio federale dell'ambiente hanno già manifestato il loro interesse per il progetto. I ricercatori attendono l'autunno per analizzare i dati raccolti e migliorare ulteriormente il loro collare.

Un collare per evitare gli attacchi

I branchi transfrontalieri, una nuova sfida

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Sempre più lupi sono alle porte della Svizzera. Secondo le stime pubblicate all'inizio di agosto dal dipartimento dell'Alta Savoia, il numero di lupi nella vicina Francia è quasi raddoppiato nel giro di un anno. L'animale è ormai presente quasi ovunque nella regione. E sono sempre di più quelli che attraversano le frontiere.

La gestione del numero sempre crescente di lupi che attraversano il confine sta diventando una nuova sfida per le autorità, dato che il loro numero è aumentato rapidamente.

I branchi si trovano tra la Svizzera e la Francia, ma anche in Italia. Nel 2020, i branchi transfrontalieri erano tre. Oggi si stima che siano otto. Si tratta di una novità da gestire, spiega Nicolas Bourquin, responsabile del Dipartimento caccia, pesca e fauna selvatica del Vallese.

"I branchi si sono espansi rapidamente negli ultimi due anni, come in Vallese e nei Grigioni. E stiamo iniziando a vedere con i risultati del monitoraggio che questi branchi attraversano i confini. È un aspetto su cui abbiamo lavorato attivamente l'anno scorso e quest'anno", spiega.

La collaborazione transfrontaliera in termini di monitoraggio è migliorata. La prima sfida è quella di non contare due volte i lupi e sapere dove sono. L'Alta Savoia ha recentemente intensificato il monitoraggio, consentendo lo scambio più facile di informazioni con la Svizzera.

Tuttavia, la collaborazione raggiunge i suoi limiti quando si tratta di decidere quale lupo debba essere abbattuto, poiché le autorità di ciascun Paese non sono d'accordo.

Due strategie molto diverse si fronteggiano. In Svizzera, le regole sono più severe: non si può sparare a un lupo qualsiasi e ci vogliono dei motivi, come l'attacco al bestiame. In Francia, una certa percentuale di lupi - il 19% della popolazione - può essere abbattuta.

Inoltre, non sono le stesse persone a poterlo fare. In Svizzera, i guardiacaccia si occupano della cosiddetta "regolazione". In Francia è diverso. Stéphane Anselme-Martin, capo dipartimento dell'Ufficio francese per la biodiversità in Alta Savoia, spiega:

"Non stabiliamo a livello locale come verranno prelevati i campioni. Si tratta di protocolli nazionali. I tiri sono derogatori: sono spari difensivi permessi agli allevatori per difendersi in determinate condizioni. Non abbiamo la possibilità di cambiare le cose, o che siano diverse da un dipartimento all'altro. Seguiamo questo protocollo".

L'anno scorso, una lupa di un branco transfrontaliero, il Rizoux, è stata abbattuta dai cacciatori di lupi francesi, nonostante fosse protetta a meno di quattro chilometri di distanza in Svizzera. Una situazione che potrebbe ripetersi con l'aumento dei branchi transfrontalieri e che preoccupa il Gruppo Lupo Svizzero. Secondo Isabelle Germanier, responsabile romanda, le conseguenze di abbattimenti in Francia durante la stagione riproduttiva potrebbero essere gravi.

"Se vengono uccisi i genitori riproduttori in questo momento, il branco rischia di sparpagliarsi e se questi lupi mostrano comportamenti indesiderati, disperdendosi è probabile che questi comportamenti si vedano ance in Svizzera", spiega l'esperta.

Un'altra preoccupazione è che lo stesso animale possa essere preso di mira da entrambi i lati del confine. Per evitare che due lupi vengano uccisi in questo modo, la comunicazione è fondamentale e deve essere intensificata.

I gruppi per la difesa del lupo chiedono anche un cambiamento nella politica degli abbattimenti in Francia. Il Paese sta per adottare il suo prossimo piano lupo per il periodo 2024-2029. Le associazioni temono che la percentuale di lupi che possono essere uccisi venga nuovamente aumentata.

Branchi transfrontalieri, una nuova sfida

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Il numero di lupi in Svizzera continua a crescere, così come le tensioni tra chi li vuole proteggere e chi li vede come un problema

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