Le tradizioni fanno parte della nostra identità. Entrambi si influenzano a vicenda. La Società svizzera di radiodiffusione (SBC) ha recentemente esaminato il modo in cui concepiamo la nostra identità. Con risultati sorprendenti.

Quando quest'anno è stato improvvisamente permesso alle ragazze di partecipare alla tradizionale processione del Chalandamarz, la notizia ha fatto notizia oltre i confini del Paese. Si è parlato ancora di carte Jass adatte al genere e ci si è chiesti se questo bene culturale svizzero avesse bisogno di un aggiornamento nel 2023. Le tradizioni devono adattarsi per stare al passo con i tempi o, cambiandole troppo, perdiamo un po' della nostra identità?

Sandro Bucher

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Vale la pena di dare un'occhiata a uno dei più grandi sondaggi mai condotti in Svizzera. Questa primavera, l'istituto di ricerca GFS di Berna ha intervistato più di 57.000 persone per conto della CFS, tra l'altro sull'identità svizzera. Le risposte lo dimostrano: Secondo una netta maggioranza degli intervistati, l'identità svizzera non consiste solo in cose radicate nella tradizione. È qualcosa che può muoversi con i tempi e adattarsi alle nuove condizioni.

Il comportamento è più importante dell'origine

La maggioranza degli intervistati ritiene che essere nati qui non sia determinante per l'identità svizzera. Il 54% ritiene che sia piuttosto o molto poco importante. D'altra parte, il modo in cui le persone si comportano è considerato molto più importante: rispettivamente il 96 e il 95% ha dichiarato che rispettare le istituzioni e le leggi svizzere o parlare una lingua nazionale è molto o abbastanza importante per l'identità svizzera.

La maggioranza dice anche che bisogna conoscere la cultura e la storia. Solo il 25% considera importante l'appartenenza a una religione nazionale per avere un'identità svizzera.

Alla domanda sull'importanza del luogo di nascita per l'identità svizzera, c'è un forte contrasto tra la Svizzera italiana e quella francese: in Ticino, il 34% ritiene che essere nati in Svizzera sia molto importante per l'identità, nella Svizzera francese, invece, solo il 9% condivide questa opinione. Nella Svizzera tedesca, il 21% considera il luogo di nascita molto importante.

Anche gli immigrati possono essere svizzeri

Agli occhi degli intervistati, la democrazia diretta, una delle grandi tradizioni politiche del Paese, gioca un ruolo decisivo nell'identità svizzera. Il 98% lo considera fondamentale per l'identità svizzera. D'altra parte, il 64% è d'accordo con l'affermazione che gli immigrati possono mantenere i loro valori ed essere comunque svizzeri.

Alla domanda sulla propria identità, le risposte hanno mostrato un quadro chiaro: tre quarti si descrivono come abbastanza o completamente svizzeri e quasi nessuno dice di essere "non svizzero".

In questo contesto, non sorprende che il 76% degli intervistati sia d'accordo con l'affermazione: "La Svizzera è il miglior Paese al mondo in cui vivere!".

Who are we?

I rituali del 1° agosto: come si costruiscono e si mantengono i miti nazionali

Gli Stati nazionali non possono scrollarsi di dosso il potere della religione, anche se tracciano una separazione radicale tra la Chiesa e lo Stato, poiché dipendono anch'essi da rituali e fede.

Lo studioso di religione zurighese David Atwood parla di falò, lanterne e del giuramento dei nuovi membri del governo svizzero.

SWI swissinfo.ch: Il 1° agosto di ogni anno, in tutta la Svizzera si accendono grandi falò per rendere omaggio alla nazione. C'è qualcosa di arcaico in tutto questo. In quanto studioso di religione, non vi fa forse pensare a un sabba delle streghe nella notte di Valpurga?

David Atwood: No, non lo vedo come un rituale occulto. Ma sì, i fuochi sono probabilmente una parte importante dei rituali fin dall'età della pietra.

SWI: Come sono nati i falò del 1° agosto?

D.A.: Quando, alla fine del XIX secolo, il 1° agosto è stato consacrato come Festa nazionale svizzera come "reinvenzione", sono state combinate diverse cose. I modelli per i falò del 1° agosto erano probabilmente i fuochi che hanno una tradizione secolare nelle Alpi. Le lanterne sono state aggiunte in seguito, come importazione dall'Asia. Le tradizioni sono spesso il risultato creativo di un prestito culturale.

SWI: Qual era lo scopo dei falò originali?

D.A.: Da un lato, venivano usati per comunicare. Le persone le accendevano per indicare ad altri piccoli gruppi affini dove si trovavano e se c'era un pericolo.

SWI: Quindi erano un mezzo di comunicazione per le comunità tribali?

D.A.: Esattamente. Ma avevano anche una funzione protettiva e servivano a scacciare gli spiriti maligni. Tuttavia, qualsiasi conclusione su questa prima fase dell'umanità può essere solo speculativa e ci sono anche altre teorie sulla loro origine.

SWI: Oltre ai falò, il 1° agosto la gente sventola bandiere con la croce svizzera. La croce bianca su sfondo rosso ha perso ogni significato religioso?  

D.A.: È un simbolo cristiano che è stato trasformato in un simbolo nazionale.  

SWI: Agli inizi della Confederazione, gli svizzeri amavano paragonarsi al popolo di Israele descritto nella Bibbia, nel libro della Genesi. Anche gli svizzeri si consideravano un popolo eletto. Che ruolo ha avuto questa idea nella costruzione dell'identità nazionale?  

D.A.: È stata un'idea di grande successo nell'era moderna. Anche il riformatore zurighese Heinrich Bullinger sosteneva che gli svizzeri erano il popolo eletto da Dio. Si consideravano coloro che avevano cristianizzato le regioni montuose e quindi l'intersezione tra il nord e il sud dell'Europa, aprendo così la strada al Vaticano verso il nord germanico-pagano. Gli intellettuali dei Paesi circostanti contestarono questo status divino del popolo svizzero, ma la Svizzera non fu l'unico Paese a proclamarlo.

Negli Stati Uniti, la scelta fa ancora parte della retorica nazionale. In Svizzera, l'idea è più o meno scomparsa nel XVII secolo.

SWI: La Rivoluzione francese è stata una chiara sfida alla religione. Ad esempio, la parola "santo" è stata eliminata dai nomi delle strade. In che misura questa rivalità tra Stato e religione è fondamentale per gli Stati democratici?

D.A.: Questa rivalità era già presente negli scritti dei Padri della Chiesa. Già nel IV secolo d.C. Agostino parlava di due regni. Chiedeva: come devono comportarsi i cristiani nei confronti dello Stato romano? Cosa dare all'imperatore e cosa a Dio? Domande simili sono sorte durante la Guerra dei Trent'anni, iniziata come un conflitto religioso.

Eppure, nella Rivoluzione francese, per la prima volta parti dello stesso Stato sono state definite sacre. Così non solo i santi furono rimossi dai nomi delle strade, ma le chiese furono trasformate in "templi della Dea della Ragione".

SWI: Il filosofo ginevrino Jean Jacques Rousseau la chiamava "religione civile". Che cosa intendeva dire?

D.A.: Alla fine delle sue riflessioni sul contratto sociale, Rousseau si chiede come gli individui riescano a riunirsi per formare una comunità, nonostante le loro molte opinioni diverse. Come è possibile? Rousseau vedeva in una religione dei cittadini la risposta. Tutti devono condividere determinate convinzioni.

D.A.: Fede nella costituzione. Secondo Rousseau, questa si colloca anche al di sopra della religione individuale. I cittadini dovrebbero prima di tutto essere credenti nella Costituzione, e solo successivamente avere un'affiliazione religiosa.  

SWI: Può esserci troppa religione civile?  

D.A.: Gli Stati possono certamente diventare totalitari e costringere i loro cittadini a credere e ad approvare determinate cose, coltivando un'identità unitaria al di là dello stato di diritto. Con questo non intendo gli Stati teocratici come l'Iran, che diventano totalitari in nome di una particolare religione. Mi riferisco a regimi come la Germania sotto il nazionalsocialismo, dove i miti e i rituali di Stato avevano un ruolo enorme. Le marce con le fiaccole dei nazisti ne sono un esempio - e qui abbiamo di nuovo il fuoco.

Credo sia importante rendersi conto che questo elemento civile-religioso è presente da qualche parte in tutti gli Stati. La rivalità tra religione e Stato ha chiuso gli occhi sul fatto che la religione non si trova solo nelle chiese, ma anche all'interno dello Stato. Ma questo non significa improvvisamente che tutti i politici siano pastori.

SWI: Dove vede questa religione civile in Svizzera?

D.A.: Nei discorsi del 1° agosto, per esempio. Ogni anno i politici rispondono alle domande: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Costruiscono un mito nazionale - non nel senso di un falso storico, ma dell'immagine della Svizzera in cui vogliamo vivere. Questo rende possibili anche delle controprogettazioni, come quella proposta dall'Istituto Nuova Svizzera: qual è la Svizzera post-migrante?

D.A.: Se intendiamo la religione come formazione sociale di miti attraverso i rituali, allora sì. Anche negli Stati nazionali, le cerimonie sono necessarie per creare legittimità e credibilità. Le idee hanno un effetto più potente quando ci troviamo insieme in una piazza affollata; ci aiuta a sentirci parte di una comunità. Le società hanno bisogno di momenti come questo per prosperare.

D.A.: Guardate il giuramento dei consiglieri federali svizzeri. Devono prestare giuramento e, così facendo, ottengono un nuovo status giuridico, come membri del governo. Questo deve essere accompagnato da un rituale.  

Il filosofo italiano Giorgio Agamben ha detto che ogni giuramento, ogni voto, è un atto religioso in cui testimoniamo che ciò che stiamo per dire è vero. Se mento ora, posso essere punito per questo. I giuramenti sono un tipico esempio di questo mix giuridico-religioso. La Confederazione elvetica si definisce inoltre, in tedesco, una Eidgenossenschaft, cioè un "comune del giuramento", in riferimento ai patti firmati tra i diversi cantoni al momento della formazione del Paese.

Rituals on August 1 

Campane di genere, campane di genere, che suonano sulle Alpi

Il libro svizzero per bambini Schellen-Ursli (Una campana per Ursli) ha reso famosa in tutto il mondo la tradizionale festa di primavera del "Chalandamarz". Ora, la controversia sta ribollendo nelle Alpi svizzere, poiché anche le ultime roccaforti dell'usanza hanno permesso alle ragazze di partecipare. SWI swissinfo.ch ha visitato Zuoz, un villaggio diviso tra tradizione e questioni di genere.

È il tipico villaggio di montagna svizzero come lo immaginano gli stranieri. Le massicce case in pietra con pareti elaborate e dipinte fiancheggiano le strade di Zuoz, un villaggio nella regione dell'alta valle dell'Engadina, nelle Alpi svizzere orientali. Nella piazza principale, con l'edificio scolastico e il municipio, si trova una fontana decorata con fiori. E a dominare il villaggio c'è il Lyceum Alpinum, un collegio di fama internazionale.

Ma l'idillio è ingannevole. Per quasi un anno, il villaggio alpino è stato teatro di lotte. La causa è una guerra culturale tra tradizione e politica di genere, un conflitto che si sta svolgendo in tutto il mondo. A Zuoz, si tratta niente meno che dell'usanza più nota della regione engadinese, il Chalandamarz, una processione che si tiene ogni anno il 1° marzo e durante la quale i ragazzi del luogo fanno il giro del villaggio suonando campane e cantando per scacciare l'inverno.

Solo i ragazzi, fino ad oggi. E qui sta il problema.

Chalandamarz è diventato noto al pubblico mondiale grazie al libro illustrato per bambini Una campana per Ursli. Pubblicata subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, la storia con le sue immagini iconiche è diventata, nel corso dei decenni, il secondo libro per bambini di maggior successo in Svizzera, eclissato solo da Heidi. È stato tradotto in otto lingue, tra cui inglese, giapponese e cinese.

La storia è quella del piccolo Ursli, a cui è stato dato solo un piccolo campanello di capra per il Chalandamarz. Gli altri ragazzi del villaggio lo prendono in giro per questo motivo. Di conseguenza, Ursli dovrà camminare in fondo al corteo dei campanacci, un'ignominia che non può accettare. Così si fa strada attraverso la neve profonda fino alla baita della famiglia, dove è appeso un enorme campanaccio. Il giorno dopo torna al villaggio con la campana e gli viene permesso di guidare la processione perché ha la campana più grande.

È una storia di emancipazione con un cast maschile. Ursli ha anche una sorella, Flurina, ma, come tutte le altre ragazze del villaggio, non può partecipare alla processione. Questa divisione tra i sessi probabilmente non preoccupava nessuno negli anni Quaranta. A Zuoz, che per anni ha lasciato inalterata la tradizione, la questione ha scatenato una polemica.

A dare il via a tutto ciò è stata un'iniziativa dell'amministrazione comunale per aprire l'usanza. L'idea era che le ragazze dovessero essere trattate in modo del tutto uguale, cioè partecipare alla processione, cantare e indossare camicioni blu da contadino e cappelli rossi con nappe, proprio come i ragazzi.

Ciò è richiesto non da ultimo dal principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione federale, che è vincolante per tutte le scuole in Svizzera. A Zuoz, che prende la tradizione più seriamente di qualsiasi altro villaggio dell'Engadina, il Chalandamarz è una parte obbligatoria dell'anno scolastico.

Ma la rivoluzione ha incontrato resistenza. Il voto dell'assemblea comunale dello scorso giugno ha rivelato la profonda spaccatura che attraversa il villaggio. Mentre molte donne, in particolare, si sono espresse a favore della partecipazione delle ragazze, un elettore ha dichiarato che per lui Chalandamarz non sarebbe più stata la stessa. Qualcun altro ha suggerito di coinvolgere le ragazze in un modo diverso: "Potrebbero ad esempio decorare la sala del festival".

Il sindaco si è sentito in dovere di fare una mossa spontanea e ha ritirato la proposta di riesame. Tuttavia, la controversia è rimasta. Era un argomento che era meglio evitare durante i pasti in famiglia, ha confidato un residente durante una visita di SWI swissinfo.ch alla fine dell'estate 2022. Lei stessa si è detta favorevole alla revisione. Altri, tra cui alcune donne, si sono limitati a scuotere la testa. È impensabile che le usanze engadinesi vengano stravolte da attivisti di genere provenienti dalla pianura.

Mischa Gallati, scienziato culturale e docente all'Università di Zurigo, non è sorpreso dallo scetticismo che regna a Zuoz. La tradizione ha avuto origine in un'epoca in cui la società era chiaramente organizzata secondo le linee di genere. Se il rituale venisse modificato, anche questa dualità verrebbe messa in discussione. "È legato alle paure. C'è un atteggiamento difensivo, un ripiegamento su schemi tradizionali", dice.

Ma questo è solo un aspetto della controversia, secondo Gallati. La discordia all'interno dell'assemblea comunale ha dimostrato che l'intera questione era anche un dibattito per procura. "Le dogane hanno il loro lato oscuro. Si tratta sempre anche di esclusione, di chi ha potere e di chi appartiene".

Come in molti villaggi svizzeri di montagna, anche a Zuoz si contrappongono abitanti e nuovi arrivati. Questo confronto è esacerbato dal fatto che la lingua parlata qui è il romancio, una lingua nazionale svizzera parlata da circa 50.000 persone. Molti dei nuovi arrivati non fanno alcun tentativo di impararlo.

Nonostante le resistenze, però, Gallati dà per scontato che l'usanza cambierà, come è già successo in altri villaggi vicini. I costumi sono uno strumento di autoaffermazione, spiega. Il Chalandamarz risale a una società agraria, in cui il passaggio delle stagioni era centrale. "Questi rituali sono stati costruiti intorno a questo, e ora vengono caricati di nuovi contenuti", dice.

Andrea Könz ha una visione più critica del cambiamento. È la vedova di Steivan Liun Könz, figlio dell'autore di Una campana per Ursli. Certo, le tradizioni devono evolversi, concorda, "ma la mia principale critica alla modernizzazione è che il simbolismo dietro l'usanza non è più compreso". Chalandamarz è un ciclo di fertilità, spiega, e le grandi campane hanno una connotazione fallica. "Quindi ha senso metterli sulle ragazze?".

Könz vede anche uno scontro culturale nel dibattito su Zuoz. Sono state le madri della pianura a fare pressione per ottenere pari diritti nei villaggi di montagna, dice l'autrice. "Non vedevano perché le loro figlie dovessero essere escluse". È l'insieme delle loro richieste che infastidisce Könz. Anche sua figlia ha voluto partecipare a Chalandamarz nel villaggio di Guarda, dove hanno vissuto a lungo e dove è ambientata anche Una campana per Ursli.

Questo accadeva negli anni '90. Come altre comunità engadinesi, Guarda ha discusso sull'opportunità di includere le ragazze diversi anni fa. "Ma il dibattito sul genere non era così folle all'epoca come lo è oggi", afferma Könz.

La diversità, a suo avviso, è troppo spesso legata all'aspetto esteriore e l'uguaglianza viene confusa con l'uniformità. In molti villaggi, le ragazze avevano un ruolo proprio nel rituale. È qui che vede un potenziale per rinnovare l'usanza senza tradirla. "Si tratta quindi di non svalutare il ruolo delle ragazze come insignificante, ma di dargli la stessa attenzione", afferma l'autrice.

Zuoz ha scelto una via d'uscita dal dilemma che è allo stesso tempo svizzera e non svizzera. Nel 2023 le ragazze parteciparono per la prima volta alla processione, vestite come i ragazzi, ma senza portare le campane.

Un comitato, incaricato dal consiglio comunale di risolvere la questione, ha raggiunto questo compromesso da solo. La decisione non è stata sottoposta alla comunità, che è stata invece presentata con i fatti sul campo - cosa insolita per la Svizzera, che funziona come una democrazia diretta.

Secondo Ramun Ratti, vicepresidente e sindaco ad interim di Zuoz, la "grande maggioranza dei membri della comunità" era d'accordo sul fatto che anche le ragazze dovessero partecipare. Ora, con il nuovo look dell'usanza, dovrebbe tornare la pace nel villaggio.

Il Chalandamarz è importante per la coesione e l'identificazione, sottolinea Ratti. Sente anche la pressione della pianura. "Se si guarda al quadro generale, siamo in minoranza".

Ratti è fermamente convinto che il dibattito sul genere debba essere affrontato. "Ma è importante sviluppare la tradizione con attenzione". Questo è sempre stato il caso, spiega. "I camici blu e i cappelli rossi sono stati aggiunti a Zuoz solo dopo la guerra".

Inoltre, l'intero scopo della tradizione è cambiato, dice. "In passato c'era un legame con i mercenari: oltre a scacciare l'inverno, era un'occasione per i ragazzi di presentarsi in paese".

Oggi, dice, l'evento è rivolto soprattutto ai bambini. È forse questo che ha influenzato maggiormente il suo pensiero. "Mia figlia non vedeva l'ora di partecipare", racconta.

"Gender bells, gender bells

"Adesso li chiamiamo machos. È un peccato"

Julien Furrer

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All'inizio del gennaio 2022, la società di tiro al bersaglio di Payerne ha rifiutato l'iscrizione delle donne. Ma questa non è l'unica società o associazione non mista. È un problema in un momento in cui si parla sempre più di uguaglianza? Un rapporto del programma RTS 15 minuti.

L'argomento ha fatto scalpore nella cittadina vodese di Payerne all'inizio del 2022. Con 440 no e 203 sì, i membri di questa storica società hanno rifiutato l'accesso alle donne. All'interno della Fédération des Abbayes Vaudoises, questa confraternita è una delle 81 ancora esclusivamente maschili, rispetto alle 94 miste.

In un ristorante locale, l'argomento è sulla bocca di tutti. Per questo membro, il problema non è la sparatoria, ma piuttosto la festa che segue. "Ci riuniamo con i ragazzi. Succede solo una volta all'anno. Non ti piace riunirti con i tuoi amici?".

"Sparare è solo una scusa. Non ho nulla contro le ragazze che sparano. Ci sono alcuni che sparano molto meglio di me". Uno dei suoi amici aggiunge: "Le donne sarebbero un vero buzzkull". Contattato, l'abate presidente della società ha rifiutato di commentare il voto.

Alcune opinioni sono più difficili da raccogliere. Come quest'uomo, che è favorevole alla co-educazione ma non vuole mettersi nei guai. "Sono indignato. Adesso li chiamiamo "machos". È un peccato", dice una donna di Payerne, che ritiene anche che le ragazze non abbiano affrontato l'argomento "in modo molto diplomatico".

Dietro questa iniziativa di integrazione c'è un gruppo di 17 donne della regione: le Adélaïdes. "È difficile dire a se stessi che non si può entrare, solo perché si è donne", spiega Salomé Barth, 21 anni, che fa parte del collettivo.

A Payerne, il tema divide anche le donne. Le "filles de la Jeunesse" hanno preso pubblicamente le distanze dalle Adélaïdes. "Lasciateli stare. È l'unica cosa che rimane ai ragazzi", dice una donna del posto, sposata con un membro della società. Non crede che le donne saranno integrate per una decina d'anni: "Inoltre, non hanno bisogno di donne per riempire le stanze. Ci sono abbastanza membri". L'associazione conta oggi quasi mille membri.

Ci sono anche gruppi di donne che decidono di stare per conto proprio. A Neuchâtel, non lontano dall'Università, si trova la sede di Hétaïra. Si tratta di un'associazione studentesca al 100% femminile. "I fondatori volevano una società con regole proprie, piuttosto che far parte di una società maschile", spiega Vanessa Fernandes, attuale presidente.

Ma perché creare una società per sole donne? "Stiamo creando uno spazio sicuro. Un clima di fiducia. Parliamo liberamente di questioni femminili. Il lato negativo è non avere un punto di vista maschile".

"Inevitabilmente, ci stiamo chiedendo se Zofingue debba adattarsi a questo cambiamento sociale. Penso che in futuro ci apriremo alle donne", spiega Scott Greinig, membro della società.

"C'è una vera differenza tra la generazione più giovane e quella più anziana", afferma Vincent Pheulpin, presidente dei Vieux-Zofingiens di Neuchâtel. Egli teme che la diversità metta in discussione molte tradizioni. "Gli uomini non si comportano allo stesso modo se c'è una donna. Perderemmo la nostra spontaneità". Entrambi concordano sul fatto che i membri non sono ancora pronti ad accettare le donne.

"We're calling them machos now"

I migliori formaggi da raclette provengono dal Vallese e dall'Obvaldo

L'aroma della raclette ha avvolto Morgins questo fine settimana. La località vallesana ha ospitato i primi Campionati Mondiali di Raclette, durante i quali sono stati degustati 87 formaggi. I risultati sono stati annunciati domenica.

Nella categoria raclette a latte crudo d'alpeggio, la tripletta è vallesana, con il formaggio dell'alpeggio Tanay di Vouvry (VS) al primo posto. Nella categoria dei formaggi a latte crudo, il titolo va al caseificio Le Pont di Champéry (VS). Infine, nella categoria "altri formaggi", si è imposto Seiler Sélection di Wyssmüller, un mastro casaro con sede a Giswil, nel cantone di Obvaldo.

"Perché un formaggio abbia la denominazione 'alpage', il latte deve essere prodotto e lavorato in alpeggio. Se una delle condizioni non è soddisfatta, si perde la denominazione", spiega Laurent Ecoeur, agricoltore e casaro della Val-d'Illiez (VS) e co-organizzatore del concorso.

Tra gli 87 produttori presenti, la maggior parte dei quali provenienti dal Vallese, c'erano i sedici della Val d'Illiez. "Questo dimostra il reale sostegno all'evento", afferma Christophe Berra, presidente del comitato organizzatore di questa prima edizione.

Erano presenti anche macine provenienti da Friburgo, Vaud, Neuchâtel e dalla Svizzera tedesca. Altri avranno viaggiato dalla Francia, dall'Italia, dal Belgio e, più sorprendentemente, dalla Romania, dal Canada e dal Regno Unito.

Gli organizzatori speravano di attirare anche Giappone, Brasile e Argentina, ma complicazioni amministrative e scadenze ravvicinate hanno vanificato i loro piani. Questo è per un'altra edizione", dice il presidente del comitato organizzatore.

Una giuria di 50 professionisti e consumatori ha scremato le ruote dei candidati e ne ha selezionato solo il 20%. Questa selezione è stata poi giudicata da otto giurati di fama internazionale: i francesi Laetitia Gaborit e Bernard Mure-Ravaud, il belga Philippe Moreau e gli svizzeri Eddy Baillifard, François Raemy, Roger Dubosson, Andréas Leibundgut e Edith Beutler.

Colore, corpo, consistenza, potenza, aroma: nulla è stato lasciato al caso. "La degustazione è simile a quella di un vino", osserva Christophe Berra.

"Non giudicheremo il formaggio, ma la raclette. Poiché i formaggi provengono da tutto il mondo, ci vengono inviati sottovuoto, pronti per essere raschiati. Quindi non si può giudicare l'esterno del formaggio", aggiunge Laurent Ecoeur. E aggiunge: "La griglia di valutazione comprende la prima impressione della raclette sul piatto e l'impressione complessiva. C'è anche la consistenza: deve essere fluida".

Una dozzina di raschiatori erano impegnati dietro le quinte, in una stanza separata e invisibile al pubblico. Istruiti, questi volontari hanno avuto il difficile compito di realizzare raclettes perfette, in particolare alla giusta temperatura e senza "bruciature" sulla parte superiore. Un totale di 250 persone lavorano su base volontaria intorno a questi Campionati del Mondo.

Gli esperti non avevano il monopolio del formaggio. Da venerdì in poi, anche il pubblico ha potuto fondersi al ritmo delle raclettes con degustazioni, laboratori e altre attività.

Il budget per questa prima edizione è di 450.000 franchi svizzeri, finanziati in particolare dai comuni della valle, dalla regione Dents du Midi e da sponsorizzazioni.

Raclette World Championship

Podcast - Perché gli svizzeri amano così tanto il formaggio?

In Svizzera amiamo il formaggio. I più famosi si chiamano Appenzeller, Tilsiter, Tête de Moine, Emmentaler... senza dimenticare la raclette e la fonduta, molto amate sia in Svizzera che all'estero. Quando la magistratura statunitense ha osato dire che il nostro formaggio Gruyère non deve essere prodotto in Svizzera, le reazioni sono state forti. Ma perché gli svizzeri amano così tanto il formaggio?

Il formaggio svizzero è molto apprezzato. Nel 2020, il consumo pro capite in Svizzera è aumentato del 5,5%, raggiungendo una media di 23,1 chilogrammi. Come il cioccolato e gli orologi, anche il formaggio viene esportato in grandi quantità: 77.000 tonnellate sono state vendute all'estero, per un mercato di circa 694 milioni di franchi svizzeri. A riprova, se mai ce ne fosse bisogno, dell'amore degli svizzeri per i loro formaggi, c'è il clamore suscitato dalla recente decisione di un giudice federale statunitense che ha stabilito che il termine Gruyère è diventato "generico" negli Stati Uniti e non è quindi più riservato ai prodotti originari della Svizzera.

Nella trasmissione Le Point J della RTS, Jérémie Forney, antropologa e docente all'Università di Neuchâtel, specializzata in sistemi agricoli e alimentari e che ha svolto ricerche approfondite sui prodotti lattiero-caseari, spiega le ragioni di questo amore incondizionato per il formaggio in Svizzera, che si colloca tra il rispetto di un patrimonio ancestrale e l'appartenenza a un'identità nazionale.

L'amore tra la Svizzera e il formaggio ha una lunga storia, dovuta al clima e alla topografia, ma anche a ragioni sociali, culturali e storiche.

Formaggio svizzero e rappresentazione idilliaca di pascoli alpini

"Il clima e la topografia della Svizzera la rendono un luogo ideale per la produzione lattiero-casearia", spiega Jérémie Forney. Ma ritiene che l'amore tra la Svizzera e il formaggio si basi anche su aspetti sociali, culturali e storici. E nonostante la tendenza vegana o le questioni legate alla detenzione degli animali, "la stragrande maggioranza delle persone associa ancora l'immagine dei formaggi svizzeri all'immagine idilliaca dei pascoli alpini e delle mucche felici e libere nei prati". Anche all'estero, l'immagine della Svizzera rimane associata al formaggio grazie alle attività di marketing e turistiche sviluppate intorno a questi prodotti in molte regioni del Paese.

Oggi in Svizzera esistono più di 1500 tipi diversi di formaggio, secondo Dominik Flammer, giornalista, scrittore, specialista della storia dei prodotti locali e autore del libro Fromages Suisses pubblicato da Glénat nel 2010. In questo episodio, elenca anche i migliori tipi di formaggio. L'elenco è lungo, perché la reputazione del formaggio svizzero si basa sulla sua eccezionale qualità.

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Why do we love cheese so much?

Domanda?

Il vincitore riceve un toro: gli animalisti criticano questa usanza

Nello "schwingen", una forma di lotta, è tradizione che i vincitori portino a casa un animale. Gli attivisti per i diritti degli animali la considerano una crudeltà.

Matthias Hug

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Il toro "Magnus" è il premio principale dell'ESAF (Festa federale di lotta e giochi alpini o "Schwingfest") di Pratteln. Un aspetto imponente e potente. Pesa circa una tonnellata, è alto 1,80 metri e vale 30.000 franchi.

Per i lottatori svizzeri, chiamati "schwinger", è un onore speciale vincere un animale così imponente: "Per molti è un sogno d'infanzia festeggiare la propria vittoria con un toro. È un onore poter vincere un animale così potente e forte", afferma il lottatore Marcel Räbsamen. Alla Festa federale di lotta e giochi alpini di Pratteln sono disponibili per i vincitori un totale di undici cosiddetti premi dal vivo.

Questo comporta un forte stress per gli animali. Non è possibile prepararli a questo.

Julika Fitzi-Rathgen, dell'organizzazione Protezione Animali Svizzera, non comprende questa tradizione. "Si tratta di un forte stress per gli animali. Non è possibile prepararli al rumore e alla situazione nell'arena", afferma il responsabile del centro di consulenza veterinaria della Protezione Animali Svizzera.

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I premi in diretta non sono più appropriati. "Tra loro ci sono anche animali gravidi. Se mettiamo insieme il benessere degli animali e la tradizione, non c'è niente da fare". Questa è già crudeltà verso gli animali, dice Fitzi-Rathgen. "Fondamentalmente, secondo me, gli animali vivi non dovrebbero essere regalati".

Urs Schneider non vuole accettare questa critica. È responsabile dei premi dal vivo dell'ESAF. "Chiunque osservi gli animali qui all'ESAF noterà subito che non sono stressati. Mangiano, si sdraiano, masticano il cibo. Un animale stressato si comporterebbe in modo diverso", afferma Schneider.

Chiunque osservi gli animali qui all'ESAF noterà subito che non sono stressati.

È consapevole della sua responsabilità nei confronti degli animali e fa di tutto per il loro benessere. Schneider afferma che i premi dal vivo sono una parte importante dell'ESAF: "Siamo convinti che non si tratti di una cosa vecchia, ma di una tradizione viva e bella che ha diverse centinaia di anni".

In Svizzera, i premi di sussistenza sono oggi in gran parte simbolici. Alla fine non ne viene consegnato nemmeno il 10%. Poiché i lottatori non lavorano quasi più come contadini, preferiscono prendere il valore equivalente in denaro.

Ad esempio, Christian Stucki, "Schwingerkönig" all'ESAF 2019 di Zug, non ha portato a casa il toro vincitore "Kolin". Tuttavia, la tradizione è popolare tra i lottatori.

Tuttavia, questa è una tradizione molto bella e importante che dovremmo continuare a coltivare.

"Nella maggior parte dei casi, i vincitori rinunciano al premio dal vivo in cambio di denaro. Tuttavia, questa è una tradizione molto bella e importante che dovremmo continuare a coltivare", afferma ad esempio il lottatore Kilian von Weissenfluh. Il collega Severin Schwander è dello stesso parere: "È bello per tutti ricevere un premio dal vivo. Anche se si tratta solo di prestigio e la maggior parte di loro finisce per accettare i soldi".

A bull for the winner

Come Halloween è diventato parte della cultura svizzera

Il calendario svizzero è ricco di tradizioni bizzarre e spesso allarmanti. C'è spazio per Halloween? Sì, dicono i bambini felici e i venditori di zucche. Alcuni vicini e puristi culturali sono meno sicuri.

"Süsses o Saures!" "Des bonbons ou un sort!". Trent'anni fa, la maggior parte degli svizzeri non avrebbe avuto idea di cosa stesse succedendo se, aprendo la porta di casa, avesse trovato un paio di bambini di otto anni, strafatti di zucchero e vestiti da streghe o scheletri, che urlavano "dolcetto o scherzetto!".

Dalla metà degli anni Novanta, Halloween si è inserito, anche se debolmente, nella vita culturale svizzera. "Come le Oktoberfest, che ora inebriano anche le città e le campagne della Svizzera", scriveva il St. Galler Tagblatt, riferendosi ai festival della birra tedeschi.

"I pessimisti culturali vedono minacciati i costumi nazionali. I cristiani evangelici, in particolare, rifiutano Halloween perché si tratta di occultismo e satanismo, senza considerare che l'evento ha smesso da tempo di avere qualsiasi tratto religioso serio ed è ampiamente commercializzato. I folcloristi più che i teologi sono responsabili di Halloween, e gli esperti di marketing e gli organizzatori di eventi della sua diffusione nel nostro Paese".

L'evoluzione di Halloween è oscura, ma in poche parole si pensa che abbia avuto origine dalle tradizioni pagane celtiche, come l'antica festa gaelica di Samhain, quando le persone accendevano falò e indossavano costumi per allontanare i fantasmi.

Nell'ottavo secolo, Papa Gregorio III designò il 1° novembre come giorno per onorare tutti i santi. Ben presto, il giorno di Ognissanti incorporò alcune delle tradizioni di Samhain. La sera precedente era nota come vigilia di Ognissanti, e in seguito Halloween.  

L'emigrazione di massa di irlandesi e scozzesi nel XIX secolo ha fatto sì che Halloween prendesse piede negli Stati Uniti, venendo infine festeggiato da persone di ogni estrazione sociale, razziale e religiosa. Tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo, grazie all'influenza culturale degli Stati Uniti, Halloween si è diffuso in molte regioni del mondo, compresa l'Europa continentale.

Secondo il folclorista Konrad Kuhn, la tradizione si è insinuata nella Svizzera francese dalla Francia e poi nella Svizzera tedesca, confermando che prima della metà degli anni '90 Halloween non era un problema in Svizzera.

Ci sono voluti alcuni anni perché la grande distribuzione e i media si interessassero, ma ciò che ha dato veramente impulso ad Halloween in Svizzera è stata la scoperta, da parte degli agricoltori, della zucca come nuova fonte di reddito, scrive Kuhn in Kürbis, Kommerz und Kult: Halloween und Kürbisfest zwischen Gegenwartsbrauch und Marketing (Zucca, commercio e culto: Halloween e la festa della zucca tra costume contemporaneo e marketing), pubblicato su "Folklore Suisse" nel 2010.

Un ruolo pionieristico è stato svolto dai fratelli Jucker, nel cantone di Zurigo, la cui fattoria è diventata presto nota in tutta la Svizzera per le sue zucche e per gli eventi come i record della piramide di zucca più grande, della zuppa di zucca più grande, della zucca più pesante e così via. I media ne sono stati entusiasti e innumerevoli agricoltori hanno seguito il loro esempio e hanno inondato la Svizzera di zucche, che fino ad allora erano state consumate con parsimonia ma che ora riempivano le cucine di casa e i ristoranti.

Nel 1991, in Svizzera sono state vendute 230 tonnellate di zucche. Nel 2000, secondo questo articolo di SWI swissinfo.ch del 2001, il volume era di circa 10.000 tonnellate.

"I Jucker hanno approfittato del tradizionale vuoto di novembre nel settore degli eventi, per cui, oltre ai grandi rivenditori, anche i parchi di divertimento, i catering e i negozi di costumi hanno mostrato interesse e hanno realizzato vendite elevate", ha dichiarato Kuhn.

Tuttavia, sembra che Halloween abbia subito una leggera battuta d'arresto. Le vendite di Halloween nei due maggiori supermercati del Paese, Migros e Coop, sono crollate nel 2007.

Allo stesso tempo, la copertura mediatica di Halloween è cambiata, ha detto Kuhn. "Mentre prima c'erano stati resoconti favorevoli e Halloween era stato persino trasmesso dalla televisione diurna, ora l'attenzione si è concentrata soprattutto sui danni alle proprietà commessi durante la notte dai giovani che si aggirano".

Nel 2021, il quotidiano di Losanna Le Matin ha dichiarato che la polizia era ben consapevole del fatto che i piccoli mostri per una sera possono davvero essere solo questo: piccoli mostri.

"Negli ultimi anni, sempre più persone hanno avuto la spiacevole sorpresa di trovare uova lanciate contro la facciata della loro casa o le finestre", si legge. "Anche se la minaccia di 'dolcetto o scherzetto' non dovrebbe essere altro che una minaccia, alcuni bambini si vendicano davvero di chi non dà loro nulla o non apre loro la porta".

La polizia ha sottolineato che la partecipazione ad Halloween "non è obbligatoria" e che il rifiuto non dovrebbe portare a rappresaglie, "per quanto innocue possano sembrare".

Oggi, il 31 ottobre significa che i grandi magazzini svizzeri propongono "offerte di Halloween", i ristoranti continuano a inserire la zucca in ogni cosa e i cinema proiettano i classici film dell'orrore.

"Giocare con le cose spettrali sta prendendo piede in ambienti sempre più ampi", ha affermato il St. Galler Tagblatt. "Molte persone si divertono con questo fenomeno, organizzando feste di Halloween in cui camminano per il salotto vestiti da zombie con un bicchiere di liquido color sangue e intingono le tortilla chips nel guacamole 'vomitato' da una zucca".

Sebbene Halloween in Svizzera sia ancora lontano dall'enorme celebrazione nazionale che si tiene negli Stati Uniti, gli svizzeri che lo festeggiano si danno davvero da fare, con gli adulti che sembrano cercare di superarsi a vicenda con trucchi impressionanti e cruenti.

Negli Stati Uniti i costumi sono generalmente più umoristici o satirici, ma gli svizzeri hanno la possibilità di fare satira durante il periodo di carnevale. Va inoltre sottolineato che gli svizzeri non sono estranei a usanze che suscitano ilarità, come la decapitazione di un'oca morta o l'immobilizzazione di giovani ragazze con il volto nero:

Come ha notato Kuhn, elementi di Halloween si ritrovano in altre usanze diffuse in Svizzera, come la rapa intagliata con la candela nella processione del Räbeliechtli, la richiesta di qualcosa alla porta di casa come nel canto delle carole, o gli elementi di commemorazione dei morti nel giorno di Ognissanti.

È difficile dire se Halloween stia guadagnando o perdendo popolarità in Svizzera. Alcuni quartieri organizzano feste ben organizzate per adulti e pullulano di scheletri e streghe. I social media permettono ai genitori di creare mappe delle case in cui si fanno scherzi e dolcetti. Altre strade sono morte.

Ma Kuhn era fiducioso che la tradizione sarebbe continuata in qualche forma. "L'esigenza di un ciclo annuale modellato sui momenti salienti continua, quindi si può ipotizzare che Halloween [...] sarà integrato in modo innovativo nel panorama doganale esistente".

La zucca, ha aggiunto, sembra aver trovato il suo posto anche al di là delle feste di Halloween, venendo intagliata in famiglia e poi esposta: "un'usanza familiare durante la stagione buia".

Is Halloween part of Swiss culture?

Attingere alla nostalgia svizzera per i denti dolci

Per gli svizzeri all'estero non è sempre facile trovare le tavolette di cioccolato preferite della loro infanzia o altri prodotti specializzati come la Rivella o l'Ovomaltina quando si trovano a migliaia di chilometri da casa. I fratelli Huber, Dominik e Manuel, sostengono di offrire una soluzione online.

"Per me non c'è niente di meglio che sorseggiare una Rivella [bevanda analcolica] o sgranocchiare dolci svizzeri per sentirmi meno malata di casa", dichiara Verena, che vive in California, negli Stati Uniti.

Un numero crescente di svizzeri nostalgici come Verena, che desiderano soddisfare la propria voglia di dolce o rimanere in contatto con la propria patria attraverso i prodotti alimentari svizzeri, utilizza i servizi di Swiss Food Box e My Swiss World.

Le due piccole aziende online sono state fondate nel 2015 dai fratelli Dominik e Manuel Huber. All'epoca Dominik viveva in Colombia, dove studiava economia ed era alla ricerca di una nuova idea imprenditoriale.

Essendo un cliente abituale delle cioccolaterie Lindt della capitale Bogotà, si è reso conto che altri svizzeri all'estero avevano probabilmente voglia di cioccolato svizzero e di altre famose leccornie dell'infanzia.

Dopo aver fatto delle ricerche e aver scoperto che non esistevano aziende di questo tipo, ha deciso di lanciare Swiss Food Box insieme al fratello, esperto di informatica.

Il loro concetto di business è semplice. I clienti pagano un abbonamento mensile, che va da 19,95 franchi svizzeri (21,87 dollari) a 59,95 franchi svizzeri (65,70 dollari), per una delle tre diverse scatole di cibo (pacchetto di cioccolato svizzero, dolci svizzeri o una scatola di cibo classico svizzero). È possibile anche una selezione personalizzata.

Nel 2020, i fratelli hanno lanciato una seconda società e un sito online, My Swiss World, che offre specialità svizzere ma senza un abbonamento mensile.

Per diversi giorni al mese, l'appartamento di Dominik Huber è imballato fino al soffitto con scatole e prodotti alimentari.

"Per questo non ho molti mobili", scherza.

L'azienda invia circa 300 ordini mensili da Winterthur, nella Svizzera nord-orientale. A Natale del 2021 hanno superato la soglia dei 500. Ogni mese vengono inviati anche circa 60 pacchi alimentari individuali (in media 90 franchi).

La metà dei clienti risiede negli Stati Uniti, mentre Canada, Australia, Nuova Zelanda e Gran Bretagna rappresentano circa il 30% del mercato. Il restante 20% ha sede principalmente in Europa.

"Inizialmente, la maggior parte della comunicazione con i clienti avveniva in inglese. Questi Paesi hanno le più grandi comunità di svizzeri all'estero", spiega Dominik. "Più ci si allontana dalla Svizzera, più è difficile trovare questi prodotti".

Swiss Food Box e My Swiss World non hanno accordi di partnership con marchi alimentari o aziende di distribuzione. Dominik acquista i prodotti nei negozi specializzati o direttamente dai produttori. Approfitta anche delle offerte speciali dei supermercati.

"A volte il personale mi guarda in modo un po' strano quando mi vede svuotare gli scaffali di patatine o cioccolato", racconta.

I loro negozi online non offrono carne o alcolici, poiché è vietato importarli in molti Paesi. Anche i formaggi importati devono essere prodotti con latte pastorizzato.

"Bisogna fare attenzione alle date di scadenza", aggiunge Dominik.

Dal momento del lancio, l'attività è diventata un successo e i giovani imprenditori hanno molti clienti fedeli.

"Una donna che vive a Chicago si è iscritta fin dal primo mese in cui abbiamo iniziato a distribuire le scatole di cibo", dice Dominik.

Nel corso del tempo, ha conosciuto molti dei loro clienti, come una donna negli Stati Uniti che ordina regolarmente prodotti Ovomaltine.

I prodotti più ordinati sono la senape, le patatine alla paprika, le barrette di cioccolato Cailler e la maionese.

"Per oltre un anno, uno dei nostri clienti in Canada ha ordinato solo maionese - sei o sette tubetti al mese - attraverso il nostro servizio personalizzato", spiega Dominik.

Lo svizzero riesce a vivere esclusivamente grazie al business online. Suo fratello ha un altro lavoro come consulente. Ma vengono aiutati dal padre, che è in pensione.

"Swiss Food Box è diventata una piccola azienda a conduzione familiare, 100% fai-da-te", afferma Dominik.

Questo è probabilmente uno dei motivi del suo successo: un'azienda piccola e flessibile che conosce bene i suoi clienti. Swiss Food Box non affitta uffici o magazzini e utilizza i social media per una pubblicità mirata.

Per quanto riguarda la concorrenza, Dominik non sembra troppo preoccupato.

"Lavoriamo in un mercato troppo piccolo per i grandi operatori", afferma, riferendosi allo Swiss Authentic Shop della Posta, un negozio online per gli svizzeri all'estero che ha chiuso dopo soli nove mesi.

Swiss abroad's sweet-toothed nostalgia

Dal "Fuckbrett" alla Techno: Musica popolare svizzera 2.0

La musica popolare svizzera, un tempo considerata polverosa, è in ascesa da anni. Nel 2007, lo yodel club Wiesenberg e la cantante pop Francine Jordi hanno realizzato la hit "Das Feyr Vo Dr Sehnsucht". Nel 2021, il trio familiare "Tüüfner Gruess" ha vinto il programma televisivo "Stadt, Land Talent". Nella classifica svizzera degli album, il gruppo di jodel "Heimweh" e il "Ländlertrio Rusch-Bueblä" occupano le prime posizioni.

Allo stesso tempo, un vento fresco soffia sulla scena. Sempre più spesso la musica moderna viene suonata con strumenti o strumentazioni conosciute dalla musica popolare.

https://pilot-prod-videos.s3.eu-west-1.amazonaws.com/en/respective-cyan-vicuna_de_DEEPGRAM-WHISPER.vtt

Inoltre, vengono riscoperti strumenti dimenticati, un tempo comuni nel folklore svizzero. Ad esempio, sapete cos'è un Hanottere?

Per molti, la musica popolare è ancora la colonna sonora del Partito Popolare Svizzero.

Dieter Ringli, ricercatore e musicista di canti popolari, ha scritto un'opera fondamentale sulla musica popolare svizzera. Spiega che la presunta forma originale - il Ländler con organo a mano - è relativamente giovane. Dopo un boom negli anni '30 e '40, il Ländler non si è sviluppato ulteriormente. Conclusione di Ringli: "Per molti la musica popolare è ancora la colonna sonora del Partito Popolare Svizzero".

Musicisti che sanno come funziona la musica popolare moderna

Ma la stagnazione della scena musicale popolare svizzera appartiene al passato. Lo dimostrano diverse personalità della scena musicale svizzera.

Markus Flückiger è un importante compositore di musica popolare contemporanea. Con il suo Schwyzerörgeli, da anni il virtuoso ha aperto nuove strade musicali. Le sue melodie non ricordano i tempi passati, ma si rivolgono anche agli ascoltatori più giovani.

Un altro esponente della nuova musica popolare è Andreas Gabriel. Il violinista esplora i confini della musica folk con il suo trio "Ambäck". Caratteristica del gioco di Gabriel: una velocità orrenda.

Musica popolare e techno - quasi correlate

Il bassista di "Ambäck" Pirmin Huber incarna la nuova apertura della musica popolare svizzera. Dice: "La techno e la musica folk sono molto vicine". La prova è data dalla sua formazione "Stereo Kulisse".

https://pilot-prod-videos.s3.eu-west-1.amazonaws.com/en/competent-wheat-boar_de_DEEPGRAM-WHISPER.vtt

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