La Svizzera vuole salvare il clima, ma si allontana dai Verdi

Simone Fassora

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Quattro anni dopo il loro storico risultato, i Verdi hanno subito un forte calo alle elezioni federali di domenica. Agli occhi dell'opinione pubblica, però, il cambiamento climatico rimane una delle principali sfide per la Svizzera. Analisi di un paradosso elettorale

Domenica l'onda verde si è infranta violentemente contro le urne. La risacca è brutale quasi quanto l'onda anomala del 2019. I Verdi svizzeri hanno perso quasi quattro punti della sua quota elettorale nazionale. Sono scesi sotto la soglia del 10% e hanno perso cinque dei loro 28 seggi nel Consiglio nazionale.

Quattro anni fa, il dibattito sul cambiamento climatico - tema preferito dagli ecologisti - ha permesso ai Verdi di conquistare nuovi territori, anche al di fuori dei grandi agglomerati urbani. Da allora, il clima è rimasto una delle principali preoccupazioni della popolazione, come testimoniano i sondaggi.

Un problema serio che deve essere affrontato

Realizzato la scorsa primavera dall'istituto gfs.bern tra più di 50'000 persone in Svizzera, il grande sondaggio della SSR "Svizzera, come stai?" ha mostrato, ad esempio, che più di due terzi degli abitanti del Paese ritengono che il cambiamento climatico "sia un problema serio che deve essere affrontato il con urgenza".

Allo stesso modo, più di sette sondati su dieci ritengono che la Svizzera debba agire per combattere il cambiamento climatico, "anche se i Paesi con le maggiori emissioni di CO2 non contribuiscono allo sforzo collettivo". A prima vista, questo dovrebbe rafforzare le ambizioni dei Verdi.

Come si spiega allora il naufragio elettorale dello scorso fine settimana? Probabilmente la rassegnazione alla crisi climatica ha avuto un ruolo importante. Per oltre il 70% degli intervistati, infatti, la politica svizzera "non sarà in grado di fare abbastanza" per contrastare il cambiamento climatico. Un fatalismo che potrebbe aver pesato sulla mobilitazione dell'elettorato ecologista.

Allo stesso tempo, anche gli altri partiti hanno deciso di affrontare la questione del clima, non lasciando più campo libero ai soli ambientalisti. Inoltre, secondo gli ultimi barometri elettorali della SSR, il cambiamento climatico non è più la principale preoccupazione dell'opinione pubblica. In un contesto di aumenti diffusi dei prezzi, quest'estate è stato superato dai premi di cassa malati, il terreno di scontro preferito dal PS. Nell'ultimo anno, anche il tema preferito dall'UDC, l'immigrazione, è diventato sempre più importante.

L'immigrazione, i costi della salute e l'inflazione hanno ampiamente dominato l'agenda politica degli ultimi mesi, relegando in secondo piano il dibattito sul cambiamento climatico. I socialisti e i democentristi hanno approfittato di queste correnti favorevoli per navigare verso il successo elettorale, mentre i verdi hanno dovuto affrontare venti contrari.

Al di là della mancanza di mobilitazione popolare e della difficoltà di imporre il tema del clima, quali sono le ragioni di fondo dell'allontanamento dell'elettorato nei confronti degli ecologisti? Per identificare le cause, l'Istituto Sotomo ha posto la domanda a coloro che quattro anni fa avevano votato per i Verdi e che ora hanno voltato loro le spalle.

In termini di orientamento politico, le fonti di insoddisfazione più frequentemente citate sono i premi di cassa malati, il cambiamento climatico e il dossier europeo. Vengono ripetuti da circa un elettore disaffezionato su cinque. La stessa percentuale non cita alcun tema particolare. In realtà, non c'è una sola ragione principale per l'allontanamento dai Verdi.

Quando si parla di fattori alla base della decisione di cambiare partito, si citano spesso le azioni degli attivisti per il clima (27%) e il dibattito sul genere e sul wokismo (26%), così come la polarizzazione dei dibattiti politici (25%). Ma ciò che emerge più spesso è che la decisione non è legata a un evento d'attualità (30%).

Le ragioni della sconfitta dei Verdi

Sondaggio post elettorale della SSR: l'immigrazione è stato il tema più importante per gli elettori, scalzando le questioni ambientali che non sono più appannaggio solo dei Verdi

Domenica la Svizzera si è spostata a destra. Ma come è stato possibile questo svolta conservatrice dopo "l'onda verde" del 2019? Quali sono i gruppi di elettori che si sono recati alle urne e quali le loro preoccupazioni maggiori? Domande a cui risponde il sondaggio post elettorale della SSR, condotto dal centro di ricerca Sotomo.

La politologa Sarah Bütikofer riflette su un dato principale: "Da un lato, l'UDC è stata in grado di mobilitare molto bene il suo elettorato tradizionale. In secondo luogo, è stata in grado di conquistare nuovi elettori in tutti gli schieramenti politici".

E questo anche perché la questione più importante che ha guidato la decisione elettorale è stata l'immigrazione, che l'UDC ha posto al centro della sua campagna. "Quest'anno l'UDC ha fatto campagna soprattutto sulla paura di una Svizzera da dieci milioni di abitanti", dice Bütikofer. Per tre quarti dell'elettorato dell'UDC, questo è stato anche il motivo per cui ha votato per il partito.

Il fatto che la questione dell'immigrazione abbia mobilitato così tanto è sorprendente, dato che i premi di cassa malati sono considerati la più grande sfida politica dal 52% degli intervistati, prima del cambiamento climatico al 36% e dell'immigrazione al 35%.

Tuttavia, il PS ha potuto beneficiare della maggiore attenzione alle questioni sociali rispetto alle ultime elezioni: grazie al calo dei Verdi, i socialisti hanno guadagnato due punti percentuali. "I due partiti pescano nello stesso stagno da tempo", spiega la politologa. "A seconda dei temi in evidenza, i voti della sinistra tendono ad andare ai Verdi o al PS".

Tuttavia, domenica il PS non è riuscito ad assorbire completamente le grandi perdite subite dai Verdi. E anche i socialisti hanno perso voti a favore del Centro (-0,4) e dell'UDC (-0,5). Il Centro ha guadagnato voti dalla sinistra e dai liberali, ma ha anche perso 0,7 punti percentuali a favore dell'UDC.

Più della metà delle perdite dei Verdi sono andate al PS. Tuttavia, i Verdi hanno ceduto voti anche all'UDC, ai Verdi liberali e al Centro. Rispetto al 2019, i Verdi hanno anche visto una minore mobilitazione dell'elettorato. Inoltre la protezione del clima è assolutamente centrale per il voto dei Verdi. Tuttavia, molti elettori del PS dichiarano di aver votato il partito per questo tema. Le questioni climatiche non sono più un tema appannaggio solo dei Verdi.

I "temi caldi" non hanno neppure giocato in favore del PLR. Le questioni tipicamente liberali, come riforma delle pensioni, tasse, economia e concorrenza hanno perso importanza per gli elettori.

Osservando la struttura per età, si nota che l'UDC ha conquistato il maggior numero di elettori di mezza età (tra i 46 e i 65 anni) in queste elezioni. Il centro e il PLR hanno ricevuto più sostegno tra gli elettori pensionati, mentre i Verdi si rivolgono molto di più ai giovani rispetto agli anziani. Il PS è riuscito a convincere gli elettori più giovani.

L'UDC ha ottenuto il sostegno di una proporzione più alta tra le persone con un livello di istruzione più basso. Al contrario, i Verdi raccolgono una proporzione maggiore di voti tra chi ha un'istruzione superiore.

Il PLR è il partito che viene votato prevalentemente da persone molto benestanti. L'UDC raccoglie consensi nelle fasce di reddito alte e molto alte, ma ha un maggiore sostegno nelle fasce di reddito più basse.

Il sondaggio post elettorale ha rivolto lo sguardo alla prossima legislatura, quando si vedranno in pratica le conseguenze di questo spostamento a destra, senza una maggioranza di destra. I partiti di destra non raggiungono infatti la maggioranza assoluta al Consiglio nazionale e il Centro sarà l'ago della bilancia tra sinistra e destra.

In conclusione, nei prossimi quattro anni i sondati vorrebbero vedere soprattutto misure efficaci per contrastare il costante aumento dei costi della salute. Perché i premi di cassa malati pesano sulle menti tanto quanto sui portafogli.

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Chi ha mobilitato e come

Glättli è ancora il presidente giusto per i Verdi?

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Dopo aver volato alto nelle elezioni del 2019, i Verdi hanno subito un’amara sconfitta nel fine settimana. Il presidente del partito Balthasar Glättli non è sicuro se le mire su un seggio nel Consiglio federale saranno perseguite.  

SRF News: Un calo di quasi il quattro per cento. I Verdi scendono così sotto la soglia del dieci per cento. Quanto fa male questa mattina?

Balthasar Glättli: Fa più male di ieri. Ieri ho potuto rilassarmi un po' quando è stato chiaro che avevamo ottenuto il secondo miglior risultato della nostra storia. Questo determinerà l'equilibrio di potere nei prossimi quattro anni. Con tre seggi, siamo già di saldamente ancorati al Consiglio degli Stati. E alla fine abbiamo potuto constatare che le perdite di seggi sono state solo cinque e non sette, come era stato previsto.

Emotivamente mi frustra il fatto che non siamo riusciti a fare meglio. Certo, lo scivolamento a destra del Consiglio nazionale è meno pronunciato di quello registrato nel 2015. Non è però detto che il Consiglio degli Stati resti la camera più progressista e soprattutto più sociale, come nella legislatura 2015-2019, anche se mancano ancora molte elezioni suppletive.

SRF News: Perché non siete riusciti a convincere gli elettori che la Svizzera ha bisogno di una politica verde?

Glättli: Dovremo verificare se abbiamo perso a causa di una minore mobilitazione o della nostra concorrenza nel campo rosso-verde. Questo sarà fondamentale per rispondere a questa domanda. La mia ipotesi personale - senza alcuna base di dati - è che ci siano sempre più persone che pensano che la crisi climatica sia già progredita a tal punto che non si possa fare più nulla - che prevalga una certa rassegnazione. Spero che non sia così. Ci sono molti punti su cui dobbiamo e possiamo ancora lavorare, e lo faremo sicuramente. Siamo un gruppo parlamentare importante, con un grande peso al Nazionale.

SRF: In merito alle ambizioni dei Verdi per il Consiglio federale, può già prendere una decisione oggi?

Glättli: Non prendiamo queste decisioni da soli, praticamente al banco della radio come un decreto presidenziale. Siamo un intero gruppo. Quello che si può dire, tuttavia, è ovvio: questo risultato non è un incoraggiamento per le nostre ambizioni al Consiglio federale.

SRF: Si pone anche la questione del presidente del partito. È ancora il presidente giusto per i Verdi, Balthasar Glättli?

Glättli: Si tratta di una questione sulla quale non è opportuno decidere da soli. Non bisogna essere il presidente giusto per sé stessi, ma per i colleghi di partito.

Ci siederemo insieme e analizzeremo queste elezioni in modo più approfondito. Quando saranno disponibili tutti i dati e anche i feedback dei cantoni, le analisi approfondite, vedremo anche come si sono comportati gli altri partiti, dove e perché. Dovremo parlare di quale sia la giusta composizione della squadra in futuro.

Cosa è andato storto, signor Glättli?

I partiti verdi hanno superato l'apice?

Romandia e Svizzera tedesca si somigliano a destra

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"À droite de l'UDC, il n'y a plus que le mur" - a destra dell'UDC, c'è solo il muro. Questa uscita veniva ripetuta spesso nei dibattiti politici in Romandia che dimostra come a lungo l'UDC era considerato troppo di destra e ineleggibile.

Eppure l'UDC ha ora più seggi in Consiglio nazionale nella Svizzera francese rispetto al PLR: dodici seggi per l'UDC a Ginevra, Vaud, Neuchâtel, Giura, Friburgo e Vallese. Nove per il PLR. Questo è degno di nota. Il voto sullo SEE del 1992, che ha segnato l'ascesa dell'UDC nella Svizzera tedesca, è un trauma politico in Romandia. La regione, con Basilea Città e Campagna, aveva votato all'unanimità a favore dell'adesione ed era stato messo in minoranza. A causa dell'UDC.

Da allora la satira ha bollato gli svizzerotedeschi come "Nein-Sager", a causa dell'UDC e del voto sullo SEE. E ora è proprio l'UDC a guadagnare quote di elettori in tutta la Svizzera francese e a sfidare la tradizionale supremazia del PLR.

Il PLR ha sbagliato i calcoli nei cantoni più grandi della Svizzera occidentale. Nel Vaud ha stretto un'alleanza con l'UDC. Di conseguenza, l'UDC ha conquistato un seggio e il PLR ne ha perso uno. Anche il Centro ha conquistato un seggio. Non ha più preso parte all'"Alliance Vaudoise", anche se proprio questa alleanza aveva aiutato il partito di centro a eleggere Valérie Dittli al Governo nelle ultime elezioni cantonali. A Ginevra, il PLR ha stretto un'alleanza con UDC, MCG e Centro. Di conseguenza, l'MCG ha ottenuto due seggi e il PLR nulla. Anche nel Giura PLR e UDC si sono alleati, e i democentristi hanno conquistato un seggio al nazionale, mentre i liberali sono rimasti a bocca asciutta.

Un'altra sconfitta per il PLR è stata l'esclusione del suo rappresentante neocastellano al Consiglio degli Stati, Philippe Bauer. Proprio nell'ultimo cantone, dove Il PLR detiene da solo la maggioranza nel Governo di cinque membri. Nel Vaud, il candidato PLR Pascal Broulis deve affrontare un difficile secondo turno per gli Stati contro la sinistra riunita dietro il candidato dei Verdi. A Ginevra, il PLR non parteciperà al secondo turno di votazione.

Il Centro è riuscito a mantenere la sua posizione in Romandia. Ma il Verdi liberali hanno tenuto solo uno dei tre seggi del Consiglio nazionale e non ha più figure forti.

A sinistra del Centro, perdono i Verdi, che nel 2019 avevano quasi raddoppiato il sostegno sulla cresta dell'onda verde. Perdono quote massicce di elettori nel Vaud e a Ginevra, ma riescono a limitare i danni in termini di seggi: meno un seggio al Consiglio nazionale nel Cantone di Vaud e Ginevra. Il PS vince, ma non abbastanza da compensare le perdite dei Verdi.

I Verdi stanno pagando anche il fatto che le proteste per il clima sono state particolarmente forti in Romandia. Non solo gli attivisti si sono incollati su strade e piste d'atterraggio, ma interi campi da golf sono stati trasformati in campi di patate. In questo modo il partito si è trovato in una situazione impossibile: prendendo le distanze si sarebbe alienato una fetta di elettorato. Non distanziarsi avrebbe probabilmente allontanato gli elettori moderati. Il PS, invece, ha avuto successo dove il PLR ha fallito: rimanere chiaramente la forza più importante nel suo campo.

Nonostante le perdite dei Verdi, la sinistra resta comunque più forte in Romandia che nella Svizzera tedesca. A sinistra, la Svizzera francese continua ad avere una dinamica diversa. A destra assomiglia sempre di più alla Svizzera tedesca.

L'onda verde è sparita

I partiti ecologisti perdono presa anche nella Quinta Svizzera

Come in Svizzera, anche tra l’elettorato all’estero i Verdi hanno subito un crollo alle elezioni federali del 2023, soprattutto a favore del Partito socialista. Per contro, la forte ascesa dell'Unione democratica di centro non si è riflessa nel voto della diaspora. Nessuno dei candidati e delle candidate dall'estero è stato/a eletto/a in Consiglio nazionale. 

Una delle principali lezioni da trarre dalle elezioni federali di domenica 22 ottobre è che l'ondata verde che ha caratterizzato le elezioni legislative del 2019 appartiene al passato. A livello nazionale, i partiti ecologisti hanno subito un vero e proprio schiaffo. 

Con il 9,8% dei voti, i Verdi sono scesi di 3,4 punti e hanno perso 5 seggi nel Consiglio nazionale (la camera bassa del Parlamento). Solo l'altro partito verde, i Verdi liberali, è sceso ulteriormente in termini di mandati (-6 seggi e un calo di 0,2 punti percentuali che lo hanno portato al 7,6%). 

Anche gli svizzeri e le svizzere residenti all'estero hanno votato massicciamente meno per i Verdi quest'anno. In tutti i 12 Cantoni che forniscono statistiche separate sul voto della diaspora, il partito dei Verdi ha perso 5,4 punti in termini di quota elettorale, scendendo dal primo posto nel 2019 (con il 23,8% dei voti) al terzo posto quest'anno (con il 18,4%). 

Questo nonostante la Quinta Svizzera voti tradizionalmente più a favore del clima rispetto al resto del Paese, com’è avvenuto nelle recenti votazioni popolari su questo tema. Secondo Martina Mousson, politologa del gfs.bern, il declino dei Verdi è legato al contesto attuale, sia all'estero che in Svizzera. 

Al momento di queste elezioni, la situazione era fondamentalmente diversa da quella di quattro anni fa. "Sebbene la questione del clima rimanga una delle principali preoccupazioni degli svizzeri e delle svizzere, non era chiaramente un tema rilevante per le elezioni ed è stato messo in ombra da altre questioni globali", come la guerra in Ucraina, la situazione economica o l'inflazione, analizza Martina Mousson. "La Svizzera non è l'unico Paese interessato [da questa tendenza ndt]", osserva la politologa. 

Ampio sostegno della diaspora al Partito socialista 

A livello nazionale, il Partito socialista (PS) ha registrato il secondo maggior incremento (+1,5 punti), dietro all'Unione democratica di centro (UDC), raggiungendo il 18,3% dei voti. All'estero il PS ha registrato i maggiori guadagni (2,8 punti, dal 17,6% al 20,4% dei voti). 

Il principale cambiamento nel voto della diaspora nel 2023 sembra quindi essere il trasferimento dei voti andati ai Verdi nel 2019 al PS. 

Ciò significa che i Verdi hanno perso la fiducia della popolazione espatriata? "Non credo che i Verdi abbiano fatto qualcosa di sbagliato", afferma Martina Mousson. "In generale, i partiti di destra hanno maggiori possibilità di fare bene in situazioni globali incerte", spiega. Per la politologa, i partiti ecologisti sono probabilmente rimasti vittime della situazione economica globale di quest'anno, mentre ne avevano beneficiato quattro anni fa. 

>> Il giornalista di SWI swissinfo.ch spiega in un'intervista televisiva perché la Quinta Svizzera è una forza politica da non sottovalutare.

D'altra parte, in contrasto con il quadro nazionale, non si può dire che l'UDC abbia trionfato alle urne tra gli svizzeri e le svizzere espatriate. 

Il partito conservatore di destra, prima forza politica del Paese, che quest'anno ha registrato la crescita maggiore (9 seggi e il 27,9% dei voti, con un aumento di 2,3 punti percentuali), ha registrato una crescita anche al di fuori dei confini svizzeri, sebbene più moderata: dal 18% al 18,5% dei voti della diaspora. 

L'UDC rimane la seconda forza politica tra l’elettorato all'estero, ma con punteggi ancora significativamente inferiori a quelli ottenuti a livello nazionale. 

In Svizzera ci si chiede regolarmente se l'UDC possa superare la barriera del 30%. "Ci si avvicina sempre, ma non ci è mai riuscita", afferma Martina Mousson. È evidente che esiste un limite massimo per l'UDC, sia nella Confederazione che all'estero. Solo il tempo ci dirà fino a che punto questo confine è inamovibile. 

L'elettorato svizzero all'estero è però tradizionalmente più liberale e di sinistra rispetto al resto del Paese. "Non è una novità, per questo non mi sorprende che l'UDC non abbia fatto più breccia " nella Quinta Svizzera, ha commentato la specialista. 

Nel complesso, il modo in cui la diaspora ha votato per queste elezioni legislative conferma la tendenza di questo elettorato a votare più a sinistra e più verde rispetto alla popolazione nazionale. All’estero, i principali partiti di sinistra (PS e Verdi) hanno ottenuto quasi il 39% dei voti (rispetto al 28,1% dell'intera Svizzera); la forza combinata dei partiti ecologisti (Verdi e Verdi liberali) ha raggiunto il 30% all'estero (rispetto al 17,4% in Svizzera). 

I punteggi degli altri partiti rimangono relativamente stabili. Il Centro ha guadagnato 0,9 punti percentuali, superando l'aumento di 0,3% ottenuto a livello nazionale. Anche per il Partito liberale radicale la tendenza è stata più o meno la stessa tra gli elettori e le elettrici espatriate rispetto al resto della Svizzera: il partito di destra ha perso 0,6 punti (rispetto allo 0,8 dell'intero Paese). 

Come spesso accade, l'affluenza alle urne della diaspora all'estero è rimasta bassa: complessivamente è stata del 18,7%, in calo in quasi tutti i cantoni tranne Basilea Città e San Gallo. A livello nazionale, invece, è aumentata leggermente rispetto al 2019, passando dal 45,1% al 46,6%. 

Nessuna persona svizzera residente all'estero tra le elette 

Alle elezioni federali si sono candidate 43 svizzere e svizzeri all'estero. Non sorprende che nessuna di queste candidature sia andata a buon fine. Tuttavia, si sono distinti i risultati di due membri della diaspora. 

Il candidato straniero che ha ottenuto il maggior numero di voti è stato Pascal Cuttat, di Nairobi, nel Cantone di Berna. Ben 12’451 bernesi hanno votato per il 61enne socialista, che lavora per la Croce Rossa Svizzera. Questo buon risultato rispetto ad altre candidature all'estero si spiega con il fatto che il suo nome era presente nella lista principale degli uomini socialisti bernesi. Cuttat, tuttavia, ha ottenuto il peggior risultato della sua lista. 

A Ginevra, il Verde Rudolf Berli ha avuto un grande successo. Con 11’947 voti, è arrivato quarto nella lista ecologista del Cantone. L'orticoltore di Pougny (Francia) ha ricevuto 4’271 voti nella sola Ginevra e 999 dall'estero. 

L'ultima elezione di un consigliere nazionale dall'estero è stata quella di Tim Guldimann per il PS nel Cantone di Zurigo. Nel 2015 ha ottenuto un risultato brillante, conquistando 102’757 voti. All'epoca non era il primo svizzero all'estero a sedere in Parlamento, ma il primo a essere eletto mentre viveva fuori dai confini nazionali. Guldimann si è dimesso nel 2018, sostenendo che era difficile "vivere in un ambiente e fare politica in un altro". 

In pratica, gli svizzeri e le svizzere all'estero hanno poche possibilità di essere eletti, sottolinea Ariane Rustichelli, direttrice dell'Organizzazione degli svizzeri all'estero (OSE). "Il caso Guldimann è stato del tutto eccezionale", afferma. 

L'OSE ha un gruppo di lavoro che sostiene la rappresentanza diretta in Parlamento. È una richiesta ricorrente, ma finora non si è mai concretizzata, perché richiederebbe una modifica della Costituzione. 

I Verdi perdono anche nella Quinta Svizzera

I partiti verdi europei contro un "soffitto di vetro"?

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Dopo il crollo dei Verdi e dei Verdi liberali alle elezioni federali - che hanno perso 11 seggi nel Parlamento svizzero - si pone la questione se esista un "soffitto di vetro" per i partiti ambientalisti. Un punto di vista condiviso da diversi specialisti

Studi hanno dimostrato che in una parte d'Europa i partiti ecologisti "si sono affermati abbastanza rapidamente come attori politici di peso", ma che raramente superano la soglia del 10% dei voti.

Per Simon Persico, professore di scienze politiche a Sciences-Po Grenoble e al laboratorio Pacte, c'è un chiaro segno che questa soglia è ancora invalicabile.

"Quello che è certo è che, per il momento, non c'è nessun ecologista che sia riuscito a diventare capo dell'esecutivo di un Governo nazionale. Sono entrati nei Parlamenti, nei Governi, ma non riescono a diventare capi dell'Esecutivo. E questo è chiaramente indice di una sorta di soffitto di vetro che non riescono a sfondare".

Tuttavia, negli ultimi anni, e in particolare tra il 2018 e il 2021, i partiti verdi in Svizzera e in altre parti d'Europa hanno fatto un forte passo avanti, stabilendo record storici.

Questo successo si spiega in particolare con le mobilitazioni popolari seguite alla firma dell'Accordo di Parigi nel 2015 e con l'aumento delle manifestazioni per il clima.

Ma dopo la piena, c'è il riflusso, un riflusso osservato negli ultimi mesi in Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, dove i partiti anti-ambientalisti hanno guadagnato terreno.

Nei Paesi Bassi, ad esempio, il Movimento Civico-Contadino è diventato il primo partito alle elezioni provinciali di marzo. Questo partito è nato dopo che gli agricoltori hanno manifestato contro la politica ambientale del Governo.

"In effetti, le elezioni che abbiamo visto nel 2022 e 2023 mostrano una sorta di riflusso rispetto a alla svolta del 2018-2020", osserva Simon Persico.

"Di fatto, i partiti di estrema destra politicizzano le questioni legate all'identità, all'Islam e all'immigrazione, temi molto potenti per strutturare i dibattiti nelle campagne nazionali. I Verdi non ottengono buoni risultati su immigrazione, insicurezza e Islam. Hanno successo quando si tratta di ambiente, riscaldamento globale e lotta alla disuguaglianza", analizza il politologo.

Negli ultimi anni, l'Europa ha vissuto una serie di crisi: una pandemia, la guerra in Ucraina e l'inflazione. Queste crisi hanno trasformato l'ordine delle priorità.

Pauline Plagnat-Cantoreggi, docente presso l'Istituto di Scienze Ambientali dell'Università di Ginevra, ritiene che la gente sia diventata consapevole del riscaldamento globale e delle sue conseguenze, ma che l'ecologia politica possa essere percepita come punitiva o non abbastanza concreta e pragmatica.

"Questo si riflette molto nei sondaggi, dove [...] abbiamo quasi l'80% della popolazione che pensa che la sfida del clima sia di primaria importanza. Ora, una cosa è essere consapevoli del problema, un'altra è voler agire a livello individuale, per vedere tutte le misure che richiede", spiega.

"Se questo voto è in calo, è perché ci siamo resi conto che gli sforzi richiesti sono troppo elevati o perché, al contrario, ci siamo resi conto che occuparsi di questioni ecologiche non è solo appannaggio dei Verdi, ma anche di altri partiti politici?", si chiede. "C'è il timore che questi programmi ambientali creino maggiori divisioni sociali - aggiunge Pauline Plagnat-Cantoreggi - e poi un pessimismo su come ci arriveremo", conclude.

Quindi, per alcuni, i partiti ecologisti stanno facendo troppo. Per un altro gruppo - che a volte si trova sulle autostrade e sulle strisce pedonali - non fanno abbastanza. È anche uno dei motivi per cui il "soffitto di vetro" è così difficile da rompere.

Ma anche se attualmente sono in declino, Simon Persico sottolinea che i partiti verdi guadagnano circa due o tre punti per decennio. Un leggero aumento, ma che mostra una tendenza a lungo termine.

Un "soffitto di vetro" per i partiti ecologisti?

Paragonatevi con il resto della Svizzera

Quattro anni fa, il movimento per il clima "Fridays for Future" ha contribuito al successo elettorale dei Verdi. Il tema ora però non ha più lo stesso potere di mobilitazione.

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Anche quest'anno non sono mancate temperature record ed eventi climatici estremi. Ma a differenza del 2019, non hanno aiutato i Verdi nelle Federali. Una tendenza che era già evidente prima delle elezioni. Due attivisti per il clima spiegano nel podcast di SRF "Einfach Politik" cosa è cambiato rispetto alle ultime elezioni e perché il movimento per il clima ha perso fiducia nella politica.

I temi ambientali mobilitano meno

Alle elezioni 2019 c'è stata una vera e propria onda ecologista, ma ripeterla sarà difficile, dice il politologo Claude Longchamp

I verdi hanno vinto quasi tutte le elezioni cantonali, con l’importante eccezione di Zurigo. Hanno guadagnato quasi 50 seggi, e questo ha rafforzato la fiducia interna. Questo è stato il top per il partito ecologista nell’ultima legislatura, secondo il politologo Claude Longchamp che ci accompagna nel viaggio attraverso i principali partiti in vista delle federali di ottobre.

Il flop è stata invece la sconfitta contro l’UDC nella battaglia per la legge sul CO2, meno di due anni dopo l’anno elettorale in cui si era parlato molto di clima e questo li aveva favoriti. Senza dubbio quella battaglia persa è stato il momento più deprimente per loro.

Quanto al futuro "oggi si è piuttosto scettici sulla possibilità che i Verdi sappiano ancora guadagnare terreno. Quando un partito conquista sei punti percentuali è difficile che resti a certi livelli. Ripetere o superare il risultato del 2019 penso sia piuttosto improbabile".

L’ultima parola, come sempre, l’avranno gli elettori.

Top e flop in casa dei Verdi

Il giornalista attivista Hugo Clément è stato oggetto di polemiche in primavera quando ha accettato di parlare di ecologia con l'estrema destra francese. Se in Francia il dibattito ambientale si sta cristallizzando a sinistra, qual è la situazione in Svizzera?

"L'ecologia è sempre meno una cosa di sinistra. In Svizzera, se vogliamo ottenere una maggioranza nella politica climatica, dobbiamo rivolgerci a uno spettro più ampio e non solo al sostegno della sinistra", riassume Karin Ingold, politologa dell'Università di Berna specializzata nella governance ambientale in Svizzera, a Le Point J.

"In Svizzera, storicamente, non sono stati i partiti politici ma le associazioni a lanciare i primi dibattiti sull'ambiente", spiega Karin Ingold. Il sistema politico svizzero, con i suoi strumenti di democrazia diretta e la necessità di compromessi, fa sì che l'ecologia politica svizzera non sia più esclusivamente di sinistra. Questo ha portato alla nascita dei Verdi liberali.

L'alleanza tra ecologia politica e destra è compatibile? I dibattiti sull'ambiente in Svizzera sono più produttivi quando sono condotti da eletti di destra o di sinistra?

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L'ecologia è solo una cosa di sinistra?

Antonio Hodgers: "L'allarmismo è controproducente"

I discorsi apocalittici sul cambiamento climatico sono controproducenti, afferma il verde Antonio Hodgers. In un manifesto appena pubblicato, il consigliere di Stato di Ginevra invoca invece una "ecologia della speranza"

Antonio Hodgers è convinto che dobbiamo agire a favore del clima. Il problema, secondo lui, sta nel modo in cui la situazione viene presentata alla popolazione. I racconti catastrofici, ritiene, non portano alla mobilitazione collettiva.

A forza di mostrare fatti catastrofici, come ad esempio lo scioglimento della calotta glaciale, il cervello umano li mette in secondo piano. "Quando si suona l'allarme una, due, tre volte, dopo un po' la gente non viene più", riassume.

"L'ecologia non progredisce più così tanto", constata Hodgers. Secondo lui, questo fenomeno può essere spiegato da questa cattiva strategia, poiché i discorsi apocalittici possono provocare una reazione difensiva in alcuni cittadini.

"Spaventando la gente, riusciremo a convincere più persone o alimenteremo solo gli attivisti che sono molto mobilitati?", si chiede. Il verde propone invece una visione positiva dell'ecologia. "Se trasformiamo questa transizione ecologica in un progetto entusiasmante, avremo più aderenti e saremo in grado di apportare i cambiamenti necessari", ritiene.

Il sogno di Hodgers sarebbe quello di fare del partito dei Verdi "un grande partito della classe media con un'ampia base, basato sull'apertura e sulla responsabilità ambientale". Secondo lui, rivolgersi a un elettorato più militante avrebbe un impatto meno importante in ambito ecologico.

E se Hodgers comprende l'ansia ambientalista di cui soffrono alcuni giovani, ritiene che non sia compito di un partito politico alimentarla. Bisogna incoraggiarli a mobilitarsi, ma allo stesso tempo sottolineare l'aspetto positivo di questo impegno.

Il ginevrino ricorda il suo ingresso nei Verdi nel 1997. "L'idea era più o meno: avremo meno petrolio, saremo meno materialisti, avremo più tempo libero con i nostri amici e faremo festa", ricorda. "Forse era un po' ingenuo, ma lo slancio di felicità e piacere era presente", continua. Per Hodgers, "a forza di insistere su un futuro apocalittico, ci stiamo togliendo le prospettive di vita".

Il politico sottolinea che ci sono buone notizie nel campo dell'ecologia. Cita in particolare il suo cantone, Ginevra, che ha ridotto la CO2 per persona del 30% negli ultimi 30 anni. "Abbiamo iniziato la svolta. Dobbiamo dire alla gente che gli sforzi stanno dando i loro frutti", afferma entusiasta. Ci sono anche successi in termini di biodiversità: "Siamo riusciti a salvare le megattere dell'Atlantico", si rallegra.

Per quanto riguarda il rapporto dell'IPCC, pur descrivendo prospettive preoccupanti, non presenta alcuno scenario di estinzione dell'umanità. "Ma questo non significa che non sarà dura e che non ci sia qualcosa in gioco", pondera il consigliere di Stato. È fiducioso, tuttavia, che saremo in grado di adattarci, nonostante le difficoltà, soprattutto nei settori dell'acqua e dell'agricoltura. Per i Verdi di Ginevra, "qualsiasi progetto per la società passa dall'affermazione: la strada sarà dura, è una vera prova di vita, ma quando l'avremo percorsa, saremo cresciuti come società e come individui".

I Paesi occidentali dovrebbero essere in grado di affrontare queste sfide, secondo lui. "Abbiamo i mezzi finanziari e la situazione geografica che ci permette di adattarci". Questo potrebbe essere più complicato per "alcune popolazioni in climi semi-desertici o su piccole isole", dice Hodgers. "Lì, saranno a un livello tale da dover migrare in gran parte".

Secondo il consigliere di Stato dei Verdi, dietro al riscaldamento globale c'è quindi una vera e propria questione di solidarietà internazionale. "Trovo che non se ne parli molto", spiega, "perché la paura rinvia a sé stessi: ho paura per me, per i miei figli. Questo è ciò che io chiamo 'egologia'".

Hodgers porta l'esempio di uno degli scenari, piuttosto duro, dell'IPCC. "Entro la fine del secolo, l'Altopiano svizzero potrebbe avere il clima dell'Italia meridionale, intorno a Napoli". Questo sarebbe un problema per l'agricoltura e per le isole di calore, ma l'ecologista è convinto che la Svizzera sarebbe in grado di adattarsi.

"Ma possiamo anche vedere che se abbiamo il clima di Napoli, Napoli avrà il clima di Marrakech e Marrakech avrà il clima del Sahara", continua, "e quindi una delle grandi sfide di questo riscaldamento globale è la solidarietà internazionale".

Al contrario, Hodgers denuncia una "ecologia della chiusura". "L'UDC dice di voler limitare l'immigrazione perché sta cementificando la Svizzera. Quindi stanno cercando di far sì che gli stranieri si facciano carico del fatto che c'è un impatto ambientale", si lamenta. "Dobbiamo fare attenzione che l'ecologia non diventi un pretesto per atteggiamenti di chiusura e per un protezionismo troppo forte".

Il Consigliere di Stato si rammarica anche del fatto che si colpevolizzano gli individui. Secondo lui, il cambiamento avverrà attraverso la collettività. C'è bisogno di una regolamentazione statale. "Spegnere le luci in casa è una buona cosa. Ma in fin dei conti, se le nostre infrastrutture, tutti gli edifici e la rete di trasporti sono ad alta intensità di carbonio, si può essere personalmente super verdi, ma non si riuscirà a compensare le emissioni strutturali del Paese", spiega.

D'altra parte, secondo lui, "se siamo in una società in cui abbiamo fatto i giusti investimenti, in cui tutti gli edifici sono isolati, in cui tutte le persone possono prendere il treno anziché l'auto, se siamo in una società di cibo a breve distanza... In breve, se siamo davvero una società ecologica, non ci interessa l'ecologia. È una liberazione".

"L'allarmismo è controproducente"

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