Acquedotti sotto stretta sorveglianza, una montagna di nuove richieste di pianificazione e palestre che non sono più palestre: cosa significa il WEF per fontanieri, autorità e scolari.

Sono necessarie misure di sicurezza per garantire che il presidente ucraino Volodimir Zelensky possa utilizzare l'acqua del rubinetto di Davos senza esitazioni. L'approvvigionamento idrico di Davos è sotto stretta sorveglianza per lui e per gli altri ospiti di alto livello del World Economic Forum 2024. La polizia e l'esercito sono sul campo per prevenire i sabotaggi. Per motivi di sicurezza non è possibile visitare gli impianti per rendersene conto di persona.



Simone Fassora

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Tuttavia, il fontaniere è più preoccupato per i danni quotidiani, come ha spiegato durante l'ultimo WEF. Si tratta, ad esempio, di idranti travolti o tubature scoppiate. Un incidente del genere, proprio di fronte al centro congressi, sarebbe lo scenario peggiore per i responsabili dell'approvvigionamento idrico.  

Oltre 100 domande di costruzione in più


Davos e i dintorni sono in stato di emergenza in vista del WEF. Un breve riassunto in cifre dell'anno scorso:  

A differenza dei numerosi ospiti o del dispiegamento dell'esercito, le domande di costruzione sono raramente al centro dell'attenzione. L'elevato numero di richieste si spiega con il fatto che per ogni modifica è necessario presentare una domanda. Ciò significa che è necessario presentare una domanda per ogni modifica, sia per gli edifici temporanei o per la pubblicità sulle facciate, sia per la conversione di negozi e ristoranti. Durante il WEF, ad esempio, vi si possono trovare aziende IT o organizzazioni turistiche provenienti dall'estero.



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In totale, i lavori che legati al WEF costeranno mezzo milione di franchi al Comune. Questo comprende anche l'intera pianificazione per la costruzione e lo smantellamento, nonché il personale di sicurezza. Tutto questo è a carico delle aziende stesse.  

Per Jules, questi lavori non sono altro che "un'enorme confusione". La situazione del traffico è una sfida anche per l'alunno delle elementari e la sua classe in questi giorni: le strade sono improvvisamente chiuse e il percorso per andare a scuola non è più come al solito. "Penso che sia una cosa stupida", dice Lea, aggiungendo: "Ora devo camminare lungo la strada principale, dove è anche pericoloso".



D'altra parte, le lezioni di ginnastica vengono annullate perché palestra viene utilizzata per il WEF. E i bambini pensano che sia "cool", anche perché per tre giorni vanno sulle piste da sci.




Davos in stato di emergenza

Il WEF vale la pena?

Come l'"uomo di Davos" ha dirottato il capitalismo

Il giornalista Peter Goodman, autore di "Davos Man", sostiene che i miliardari che si riuniscono sulle Alpi per l'incontro annuale del World Economic Forum sono una "specie a parte" che è diventata così potente da scrivere le regole per il resto del mondo.

L'espressione "uomo di Davos" è stata coniata dal politologo Samuel Huntington, che l'ha usata per la prima volta in un saggio del 2004 in cui descriveva persone talmente arricchite dalla globalizzazione da vivere senza fedeltà ad alcuna nazione in particolare. Si riferiva direttamente a tutti coloro che si recavano regolarmente a Davos per partecipare all'annuale World Economic Forum (WEF).

Da allora il termine si è trasformato in una parola d'ordine utilizzata da giornalisti come Goodman per indicare coloro che occupano la "stratosfera della classe dei miliardari globale".

SWI swissinfo.ch ha parlato con Goodman durante l'incontro annuale del World Economic Forum nel 2022.

SWI: Lei è stato al WEF dieci volte. Cosa la spinge a tornarci?

Peter Goodman (P.G.): È un'esperienza davvero interessante se ci si ricorda che si è un giornalista e non si devono seguire le regole imposte. Si possono osservare le persone da vicino in un modo che normalmente non si può fare con persone così potenti e ricche. La parte che è difficile da accettare è la facciata che "si impegnano a migliorare lo stato del mondo", come se un incontro tra i beneficiari ultimi dello status quo possa in qualche modo portare a questo.

P.G.: Credo che il principale risultato del WEF sia quello di aver dato ai miliardari, che continuano a perseguire un'agenda di tagli alle tasse, deregolamentazione e gestione delle pubbliche relazioni, un modo per segnalare al mondo che hanno capito, che hanno capito i problemi della disuguaglianza economica e del cambiamento climatico. E che sono davvero impegnati a fare qualcosa al riguardo.

Ci sono moltissime persone molto intelligenti, riflessive e realizzate che lavorano per il WEF. Pubblicano rapporti significativi. Molte delle tavole rotonde sollevano questioni importanti. Ma non prendiamoci in giro. In ultima analisi, sotto l'apparenza di un'organizzazione no-profit, si tratta di un'impresa di grande successo gestita da Klaus e Hilda Schwab. Non sappiamo dove finisca il denaro.

SWI: Nel suo libro, lei incolpa i miliardari di molti dei nostri problemi. Si tratta davvero solo di alcune mele marce o di un problema più sistemico?

P.G.: È un problema sistemico. Avrei potuto scrivere questo libro scegliendo altri 20 personaggi. Ho scelto i cinque che mi sembravano più convincenti. Sono personaggi importanti. Non è che ho scelto solo qualche cattivo colpevole. Steve Schwarzman è il più grande magnate del private equity al mondo e possiede una quantità impressionante di immobili in tutto il mondo. Larry Fink è il più grande gestore patrimoniale del mondo. La sua società, BlackRock, gestisce investimenti per 10'000 miliardi di dollari. L'impatto è enorme. Jeff Bezos non ha bisogno di presentazioni.

Marc Benioff è un attore tecnologico molto importante della Silicon Valley ed è il più convinto sostenitore del capitalismo di impresa. Credo che si dedichi alla filantropia e che creda nell'etica del Forum. Tuttavia, nonostante si presenti come un agente del progresso umano, in ultima analisi è un sostenitore dello status quo, che è esattamente ciò che è il Forum. È un sostenitore dello status quo sotto l'apparenza di un agente di cambiamento.

SWI: Tutti questi esempi provengono dagli Stati Uniti. Pensa che questo, in particolare il crescente potere della classe miliardaria, sia un fenomeno americano?

P.G.: Non è una cosa esclusivamente americana. Forse lo è all'estremo. Ma guardate la Francia, dove Emmanuel Macron, che è un uomo di Davos, entra in carica finanziato da un gruppo di miliardari, tra cui il suo amico Bernard Arnault, con la missione di abbassare o eliminare le imposte patrimoniali. Si presenta come un agente di trasformazione che diffonderà le opportunità in Francia e scuoterà questa società ossificata, anti-aziendale, eccessivamente burocratica e con un alto tasso di disoccupazione, modernizzandola. La prima cosa che fa è abbassare le tasse sulla ricchezza e poi aumenta le tasse sulla benzina, con grande costernazione della maggior parte delle persone che vivono al di fuori delle grandi città e che hanno bisogno dell'auto per andare dove devono andare. Il risultato è il movimento dei gilet gialli e un'ondata di consensi per il movimento di Marine Le Pen.

Questo potrebbe essere iniziato negli Stati Uniti con Milton Friedman e la sua teoria della massimizzazione dei profitti come principio organizzativo della vita commerciale. Ma è stata poi esportata in tutto il mondo.

L'élite globale, la cui ricchezza è difficile da comprendere per il resto di noi, ha creato una serie di interessi che sono semplicemente separati dai nostri. Ed è per questo che ho ideato il concetto di uomo di Davos, come specie a sé stante, perché a tutti gli effetti questi miliardari, che sono abbastanza potenti da scrivere le regole, abitano una realtà separata dal resto del mondo.

SWI: Ritiene che il ruolo della Svizzera nella nascita dell'uomo di Davos sia in qualche modo significativo?

P.G.: L'elemento della segretezza, come parte intrinseca del fare affari, è certamente significativo. Il fatto che la Svizzera sia da generazioni un luogo in cui i ricchi possono presentarsi, senza fare domande, per condurre i loro affari e trovare una burocrazia altamente competente che protegge i loro segreti per spostare il denaro, non credo sia un caso.

Non è un caso che questa no-profit, che in realtà è un'azienda di grande successo, sia sostenuta in un Paese che presenta la segretezza come un vantaggio competitivo.

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SWI: Nel suo libro scrive che la pandemia ha rivelato "tutte le dimensioni del vorace appetito dell'uomo di Davos". In che senso?

P.G.: La situazione dei vaccini è ancora peggiore di quanto immaginassi quando ho scritto il libro. Stiamo effettivamente sovvenzionando i profitti del monopolio dell'uomo di Davos su questa manciata di vaccini, di cui siamo grati, attraverso il perpetuarsi della pandemia. Perché parliamo ancora di tutte queste varianti? Beh, la maggior parte dell'umanità non ha i vaccini. Perché?

Perché i leader hanno detto che il mercato se ne occuperà e che l'industria farmaceutica, con le sue buone intenzioni, proteggerà l'umanità. E ha fallito completamente. Abbiamo distribuito i vaccini in modo che gli azionisti di Moderna e Pfizer ne prendano il più possibile. Il risultato è che, se siamo abbastanza fortunati da vivere in Paesi come gli Stati Uniti o la Svizzera, abbiamo vaccini in abbondanza. Ma in Pakistan, dove ci sono ancora medici che curano gli operatori sanitari di prima linea, non è così.

SWI: Lei ha pubblicato il libro nel gennaio 2022, circa un mese prima della guerra in Ucraina. Se scrivesse un altro capitolo ora (maggio 2022), cosa scriverebbe?

P.G.: Se stessi ancora lavorando al libro, scriverei di queste sanzioni, che hanno dell'incredibile per il modo in cui l'Europa si è unita dietro di esse. Ma ricordiamo che le sanzioni sono effettivamente esenti per il private equity. Ho appena puntato il dito contro la Svizzera, ma gli Stati Uniti sono il centro bancario offshore per eccellenza, perché gli uomini di Davos traggono vantaggio dal fatto che il private equity non sia regolato dalle stesse esigenze di trasparenza del normale sistema bancario. Il punto del mio libro è che questo non è un caso. È la diretta conseguenza del fatto che la lobby dei servizi finanziari e, in particolare, il private equity hanno capito che maggiore è la segretezza, maggiore è l'afflusso di denaro.

Supponiamo che fare pressione sugli oligarchi russi possa effettivamente influenzare Putin, non stiamo nemmeno applicando tutta la pressione sugli oligarchi perché stiamo proteggendo i nostri stessi oligarchi.

SWI: Cosa pensa che il WEF dovrebbe fare in modo diverso?

P.G.: A Davos si dicono tutte le parole giuste. Non è questo il punto. In definitiva, non si tratta della ricchezza di Davos. Si tratta del resto di noi. Le persone nelle società democratiche devono superare l'idea che possiamo guardare a questi bravi miliardari per risolvere i nostri problemi. I nostri problemi non si risolveranno finché non chiederemo cose come la tassazione progressiva, l'applicazione delle norme antitrust e la mobilitazione dei lavoratori in modo che possano avere una fetta della torta. Non si tratta di riformare i miliardari.

L'"uomo di Davos" dirotta il capitalismo

André Kudelski: "Dovremo tenere d'occhio le tensioni tra Nord e Sud"

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André Kudelski, CEO del Gruppo Kudelski, fornisce la sua analisi dell'edizione 2023 del Forum di Davos (WEF), con le sue carte rimescolate in termini di multilateralismo e una crescente divisione tra Nord e Sud attorno al conflitto ucraino.

L'edizione 2023 del World Economic Forum si è svolta senza grandi capi di Stato, con l'eccezione del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Un'annata minore?

André Kudelski, il cui gruppo fa parte delle 100 aziende partner strategiche del WEF dal 1999, la considera un barometro molto interessante degli interessi dei principali Paesi industrializzati. Vale la pena notare che ultimamente i Paesi più ricchi sembrano segnare il passo nella loro ricerca del multilateralismo.

"Attualmente stiamo assistendo a diversi tipi di iniziative per una maggiore produzione locale, o quello che chiamiamo friend-shoring - far produrre le cose nei Paesi alleati - che non è un sistema multilaterale", spiega Kudelski alla Matinale di RTS. Questa perdita di appetito per il sistema multilaterale da parte dei Paesi ricchi evidenzia ancora di più "una grande sete di collaborazione multilaterale da parte dei Paesi del Sud", secondo l'imprenditore.

Il WEF di Davos dovrebbe essere visto come una bussola, uno strumento funzionale, afferma il vodese. Destinato agli ecosistemi del governo, dell'economia, dei media e ora anche di alcune ONG, ci permette di percepire le tendenze e identificare le sfide. E se lo slogan del WEF, "migliorare lo stato del mondo", sembra ambizioso, persino fuorviante, per Kudelski la missione del vertice non è risolvere i problemi, ma identificarli.

"Quello che ho potuto individuare quest'anno è un grande problema tra Nord e Sud. E penso che dobbiamo stare molto attenti, nei prossimi mesi e anni, a non sottovalutare questo problema. Vista dalla Svizzera e dall'Europa, la guerra in Ucraina è estremamente importante, con un elemento di solidarietà molto importante. Ma questa non è la percezione dei Paesi del Sud, che sentono una grande ingiustizia. È un aspetto che dobbiamo tenere sotto controllo", afferma.

Istituzione immutabile che scandisce l'anno economico - e deriso da alcuni come il summit in cui "i miliardari vengono a dire ai milionari come sta la classe media" - il Forum di Davos deve paradossalmente la sua longevità alla capacità di cambiare: "In dieci anni, l'evoluzione è molto significativa. Ciò che colpisce è il numero sempre maggiore di aziende che invadono la città: non c'è più un solo caffè che rimanga neutrale. Davos sta diventando più un ecosistema, con molte cose che accadono in parallelo, piuttosto che solo elementi del centro congressi", afferma André Kudelski.

L'aspetto più positivo dell'incontro sono stati i numerosi dialoghi, secondo l'imprenditore, che è personalmente coinvolto in molte delle iniziative scaturite dal WEF. "Questo è un luogo molto forte per il multilateralismo. E se oggi vediamo che c'è una sorta di crisi del multilateralismo, questo non significa che sia una crisi di Davos, ma una crisi dell'intero ecosistema".

Le tensioni tra Nord e Sud

Paragonatevi con il resto della Svizzera

PODCAST - Una passeggiata nei luoghi meno convenzionali e visibili del Forum economico mondiale

La cronaca dal World economic forum (WEF) o Forum economico mondiale di Davos è spesso fatta dal palco principale del centro congressi della località grigionese o dalle salette per i cosiddetti “panels”. 
In questa puntata il nostro podcast di approfondimento "Il mondo là fuori" ci porta invece nei luoghi meno convenzionali del forum, ma che meglio riflettono il cosiddetto “spirito di Davos”. Un caffè nella "central lounge", una tappa al "media village" e una all’ "open forum", per una riflessione critica sul ritrovo dei potenti nel cuore dei Grigioni.

Dietro le quinte del WEF

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