La popolazione svizzera è sostanzialmente soddisfatta, secondo un ampio sondaggio della Società svizzera di radiotelevisione SSR. Ci sono però delle ombre.

In questo anno elettorale la SSR ha voluto sapere come sta la popolazione svizzera e gli svizzeri all'estero, cosa li rende felici e cosa li preoccupa. Un quadro della situazione tracciato grazie a uno dei più grandi sondaggi mai fatti nel Paese, con oltre 57'000 persone che hanno partecipato all'inchiesta realizzata da Gfs.bern.

Dal sondaggio emerge che la popolazione è sostanzialmente soddisfatta: il 61% dice di stare bene o molto bene, e solo un 5% si dichiara non soddisfatto. 

Il lavoro non sembra il fattore più importante per sentirsi appagati, anche se occupa la maggior parte del tempo della vita quotidiana. Per essere ancora più felici, la maggioranza vorrebbe passare più tempo nella natura, avere più soldi e passare più tempo con la famiglia.

C'è anche una Svizzera per la quale la situazione è tutt'altro che rosea. Poco meno di un terzo dei sondati è più o meno preoccupato dalla sua situazione finanziaria, in particolare nella Svizzera italiana e romancia. Una persona su cinque ha inoltre affermato di sentirsi spesso solo, mentre un terzo pensa che gli altri abitanti non condividano i loro valori. Un sentimento particolarmente forte tra i più giovani e le fasce con i redditi più bassi.

Il sondaggio mette in evidenza uno scarso interesse per diversi temi molto discussi in vista delle elezioni. Quasi due terzi della popolazione ritengono le questioni di genere come degli pseudo problemi. Immigrazione e neutralità sono solo a metà dell'elenco delle preoccupazioni della popolazione. Diversa la situazione per il cambiamento climatico, ritenuto un problema importante dal 69% degli intervistati.

Per una netta maggioranza delle persone interpellate, la Svizzera è il Paese in cui si identificano. Il 76% afferma addirittura che la Svizzera è il miglior Paese al mondo in cui vivere. Ma, esattamente, cosa rende "svizzeri"? Per la maggioranza, non è decisivo essere nati/e in Svizzera e la religione non conta.

È molto più importante, invece, rispettare le istituzioni e le leggi locali o parlare una lingua nazionale. La democrazia diretta è un fattore che unisce la popolazione più di ogni altra cosa: il 98% concorda - pienamente o parzialmente - sul fatto che sia centrale per l'identità svizzera.

Per quanto riguarda invece la "democrazia indiretta", ovvero quando si parla delle persone che si occupano della politica per conto della cittadinanza, il giudizio di chi ha risposto al sondaggio è molto meno positivo.  Solo il 4% della popolazione è "assolutamente convito" che i politici svizzeri agiscano nell'interesse dell'elettorato. Se si considerano anche le persone che affermano di assere "piuttosto convinte", la quota sale al 48%.

L'81% ritiene invece che i lobbisti abbiano troppa influenza sull'arena politica. D'altro canto quasi i due terzi esprimono un sostegno al sistema politico di milizia, considerato anche un elemento centrale dell'identità svizzera.

Tutti felici, o quasi

La Svizzera vista dall'esterno è una nazione felice, come conferma un sondaggio della SSR. Ma si tratta di vera felicità o solo di un'illusione? E cosa rende la vita appagante? Le risposte di due ricercatori sulla felicità 

In Svizzera - ricca, sicura e idilliaca - le persone dovrebbero essere particolarmente felici. Infatti, poco meno di due terzi degli svizzeri sono soddisfatti della propria vita, secondo un sondaggio della SSR. La maggior parte degli intervistati si sente molto spesso felice, sereno, appagato e amato.

Anche a livello mondiale la Svizzera occupa una buona posizione, posizionandosi all'ottavo posto nel "World Happiness Report" di quest'anno, pubblicato dall'ONU. Anche se ha perso quattro posizioni rispetto all'anno precedente, resta ancora in alto nell'Indice di soddisfazione mondiale insieme ad altri Paesi nordici. Il confronto tra Paesi, ma anche altre indagini che chiedono la soddisfazione delle persone, sono un mezzo collaudato con cui i ricercatori misurano il sentimento astratto della felicità.

Ma questo approccio è difficile: la percezione di sé può essere molto diversa. "In Svizzera le persone sentono di dover essere felici", afferma l'economista e ricercatore sulla felicità Mathias Binswanger. "Le persone danno risposte positive quando si chiede loro della loro felicità". In Francia o in Italia, ad esempio, la cultura è diversa e alle persone piace lamentarsi. Questi Paesi, quindi, spesso ottengono punteggi peggiori rispetto alla media della felicità.

Il cosiddetto "bias di desiderabilità sociale" sembra quindi essere particolarmente pronunciato in Svizzera, in linea con il motto: "Abbiamo tutto, quindi dobbiamo essere felici".

In base a questo assunto generale, tuttavia, guarderemmo costantemente a ciò che non è perfetto e ci chiederemmo, confrontandoci con gli altri, come possiamo diventare ancora migliori. Di conseguenza, non vediamo abbastanza dove si perdono importanti fattori di felicità, ad esempio nella vita sociale, dice Binswanger.

Eppure è proprio il momento di connessione che costituisce un elemento centrale per una vita soddisfacente, sostiene lo psicologo bernese e ricercatore della felicità Bernhard Sollberger. "L'esempio principale sono le relazioni sociali. Sono particolarmente importanti le relazioni sociali buone, di fiducia, equilibrate e persino intime".

Allo stesso tempo, la connessione potrebbe essere estesa anche alla professione. "Chi persegue la propria vocazione si sentirà più attaccato a ciò che fa rispetto a chi fa il proprio lavoro solo per la buona paga".

Lo studio della SSR, invece, mostra che il livello generale di felicità in Svizzera dipende maggiormente dalla vita privata: se il 66% degli intervistati è soddisfatto della propria vita privata, solo il 37% è soddisfatto della propria vita professionale. "Molti svizzeri, così come persone in altri Paesi, trascorrono gran parte della loro vita in un lavoro che porta soldi ma poca gioia", dice Binswanger.

Alcuni svizzeri lottano con la solitudine anche nella vita privata. Secondo il sondaggio, passiamo in media cinque ore al giorno senza parlare con nessuno. Poco meno di un quinto degli intervistati si sente solo nella vita quotidiana. Secondo i ricercatori sulla felicità, la sensazione di solitudine in particolare rende le persone infelici.

"In paesi come la Svizzera, soprattutto le persone anziane si sentono sole. Non c'è una forte cultura della convivenza", dice Binswanger. "Impariamo a condurre bene gli affari, ma impariamo molto poco su come vivere una buona vita".

Anche i giovani soffrono di solitudine. Un recente studio dell'Istituto Gottlieb Duttweiler ha dimostrato che, sebbene in Svizzera i giovani abbiano spesso più amicizie rispetto agli anziani, si sentono comunque soli. Uno dei motivi sono sicuramente i social media, afferma lo psicologo Sollberger. "Ho 5'000 amici su Facebook, ma sono vicino forse solo a due".

Un dato sulla felicità, invece, è indiscutibile: "Circa la metà delle differenze nella felicità tra le persone può essere ricondotta ai geni", afferma Sollberger. Le malattie e i disturbi mentali hanno spesso una componente ereditaria e hanno un'enorme influenza su una vita felice.

Quanto la felicità di una persona è nelle sue mani? Sollberger cita il campo dell'epigenetica, ovvero il fatto che i geni possano o meno essere espressi in funzione del nostro comportamento. "Questo è possibile, ad esempio, attraverso le abitudini alimentari, l'esercizio fisico o la meditazione - questa è una buona notizia".

Ma la questione è anche se siamo in grado di percepire il potenziale di cambiamento, dice lo studioso di felicità Binswanger: "È sempre più facile dare la colpa della propria infelicità alle circostanze o agli altri piuttosto che dire: 'Devo fare qualcosa io, adesso'.

Soprattutto in tempi di crisi, è necessario uscire dalla propria zona di comfort. Sollberger ha analizzato il comportamento degli svizzeri durante la pandemia di coronavirus. Ha osservato che le persone erano più soddisfatte quando erano meno preoccupate dalle emozioni negative e più pragmatiche nel loro approccio.

La crescita post-traumatica si riferisce al fenomeno per cui, dopo una drastica esperienza negativa come la pandemia, possono seguire non solo danni psicologici e sociali, ma anche uno sviluppo personale. Secondo Binswanger, la pandemia ha certamente aperto gli occhi di alcune persone su ciò che rende la vita attraente e cosa no.

Tuttavia, in Svizzera le crisi globali tendono a essere un'eccezione. "La stabilità, ovviamente, è un fattore importante per la felicità", afferma Binswanger. Molti svizzeri hanno abbastanza soldi per vivere, non devono preoccuparsi di andare in guerra e possono rifugiarsi in una natura intatta per riprendersi. "Probabilmente non esiste un Paese in cui le persone abbiano vissuto in stabilità e prosperità per così tanto tempo", afferma Binswanger. "Raramente ce ne rendiamo conto".

La domanda rimane: i soldi fanno la felicità? Il denaro garantisce la sopravvivenza quotidiana, dice Binswanger. "Con pochi soldi, ho più cose di cui preoccuparmi". Ma un'osservazione interessante nei Paesi altamente sviluppati come la Svizzera, l'Europa occidentale, gli Stati Uniti, il Giappone e l'Australia è che la felicità media delle persone non aumenta ulteriormente con un prodotto interno lordo pro capite ancora più elevato.

"Un modo di pensare materialista non favorisce la felicità", conferma Sollberger. Nell'opera di Erich Fromm "Haben oder Sein" (Avere o essere), lo psicologo sociale ha mostrato già nel 1976 come l'uomo "in quanto servo del sistema economico" voglia avere sempre di più, alienandosi così da se stesso e diventando di conseguenza malato e infelice. Fromm contrappone questo all'esistenza dell'uomo.  Le persone che si definiscono per quello che sono piuttosto che per ciò che possiedono sono più serene e più felici.  

Quando si parla di felicità, è difficile evitare le grandi domande. Non è nemmeno dovuto a un certo pensiero schizofrenico di cui Binswanger accusa la popolazione svizzera: "Da un lato, gli svizzeri pensano di aver fatto meglio degli altri. Dall'altro lato, c'è la paura, il panico di perdere la nave".

Forse è proprio questa ambivalenza il motore della felicità in Svizzera.

Cosa rende felice la Svizzera?

Berset: "La cosa più importante è la felicità"

Simone Fassora

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Secondo il presidente della Confederazione Alain Berset "in Svizzera non possiamo lamentarci troppo", ma non dimentica le persone che stanno attraversando un momento difficile

"Nel complesso, soprattutto se si guarda a ciò che accade in altre parti del mondo, in Svizzera non possiamo lamentarci troppo", secondo Alain Berset. Ma non tutto è roseo, aggiunge. "C'è un'enorme diversità nella popolazione, ci sono sempre problemi da risolvere, ci sono persone che hanno difficoltà ed è a loro che dobbiamo essere molto attenti".

E lei è felice, signor presidente? "Sì, e ancora più felice della libertà che mi aspetta", confessa il ministro socialista, che lascerà il suo incarico alla fine dell'anno. Considerato il membro più popolare e influente del Consiglio federale e presentato come un politico estremamente ambizioso, Alain Berset ci assicura: "il potere può rendere orgogliosi, ma non rende felici". Per lui la felicità è altrove. "È molto più personale. Ma alla fine è ancora la cosa più importante".

In un momento in cui la maggior parte delle persone dichiara di essere più felice a casa che al lavoro, Alain Berset insiste sull'equilibrio tra vita privata e professionale. "Si può trovare soddisfazione anche nelle attività professionali. Ci sono anche legami sociali ed emozioni", dice. Lungi dallo sfatare il mito dello svizzero lavoratore, l'apparente disillusione di gran parte degli intervistati nei confronti del proprio lavoro potrebbe anche essere spiegata dall'inflazione, sospetta il friburghese. "I costi stanno aumentando ovunque e questo può creare una certa dose di stress nella popolazione".

Alain Berset si rallegra anche del fatto che la pandemia di Covid-19 non sia più una preoccupazione in Svizzera, come dimostra il sondaggio. "In effetti, non preoccupa più molto neanche me", dice ridendo. "La pandemia è stata una prova brutale e terribile (...) Abbiamo vissuto una situazione in cui l'incertezza e l'insicurezza che si sono verificate con la pandemia hanno creato una grande tensione, irritazione e frustrazione, che a volte sono state espresse in modo brutale", ricorda il ministro della Salute. Per lui, la cosa più importante oggi è permettere a tutti di reintegrarsi nella società e rafforzare i legami sociali. "È un problema che non è ancora finito e che ci tiene ancora impegnati", ammette.

Di fronte alle sfide future, il rischio di ritiro

Sebbene gli svizzeri abbiano molta fiducia nello Stato, nelle istituzioni e nel modello economico elvetico, un'ampia percentuale di loro è preoccupata per le generazioni future, rileva il sondaggio. La Svizzera e il mondo si trovano effettivamente di fronte a sfide enormi, afferma Alain Berset, ma per lui il rischio maggiore è che il Paese ceda alla paura e si ripieghi su se stesso. "Se seguiamo questa strada, diventeremo rachitici e raggrinziti. Sarebbe un disastro", avverte il Consigliere federale.

"È proprio nei momenti più difficili che dobbiamo avere coraggio e voglia di futuro. È qui che dobbiamo impegnarci, non solo per le prossime settimane, ma per i prossimi anni e decenni", afferma. Il presidente della Confederazione ricorda che quest'anno ricorre il 175° anniversario della Costituzione federale del 1848, "un testo innovativo, lungimirante, estremamente potente" che, tuttavia, "apparve in un momento di grande tensione", alla fine di una guerra civile. "Oggi abbiamo bisogno dello stesso coraggio", conclude Alain Berset.

"La cosa più importante è la felicità"

La popolazione in generale è soddisfatta dalla propria vita, ma non mancano timori, secondo un ampio sondaggio della SSR

La popolazione svizzera è, in gran parte, soddisfatta della propria vita, secondo uno dei più grandi sondaggi mai fatti nel Paese e commissionato dalla SSR. Il 61% ha detto di stare bene o molto bene e solo il 5% ha affermato di non essere soddisfatto.

Andando a parlare con le persone nelle diverse regioni della Svizzera, emerge molta soddisfazione e diversi motivi per essere felici: dalla famiglia al clima, dal lavoro alla meteo. Se le ragioni della felicità sono diverse, il sentimento comune è che non ci si possa lamentare della propria vita.

TG speciale del 23.08.2023: le preoccupazioni degli svizzeri 

Il sondaggio mette in evidenza però anche delle zone d’ombra, in particolare per quanto riguarda la situazione finanziaria e il numero di persone che si sentono sole.

Tra la gente emergono timori simili, in particolare i costi della vita sempre più alti. Le persone più anziane sono preoccupate per il futuro dei propri figli, e in generale preoccupano le catastrofi naturali e il cambiamento climatico.

Infine, dal sondaggio come dalle interviste, emerge una certa sfiducia nella politica.

Svizzeri tra felicità e preoccupazioni

Felicità svizzera: realtà o illusione?

Svizzere e svizzeri all'estero, come state?

Vi piace fare jogging? Oppure lo ritenete noioso e avete optato per qualcosa di insolito come il bossaball? Se praticate un'attività fisica fate parte della maggioranza della popolazione elvetica che fa sport almeno una volta alla settimana. Sono alcuni degli aspetti che emergono da un sondaggio d’opinione condotto dall’istituto di ricerca demoscopica gfs.bern, secondo cui vale la pena risiedere all’estero.

Il rilevamento intitolato "Come sta la Svizzera?" è stato realizzato dall'istituto gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione SSR ed è uno dei sondaggi di opinione più vasti mai realizzati in Svizzera.

Nei mesi di aprile e maggio 2023, 57'778 cittadini e cittadine svizzere residenti in patria e all'estero hanno risposto a più di 300 domande su temi quali il proprio stato d'animo, la politica e il costo della vita.

Quanto spesso cambiate le lenzuola? Avete fiducia nella politica elvetica? Siete mai stati discriminati a causa del vostro sesso? Sono solo tre esempi dell'ampio catalogo di domande.

Due terzi delle persone intervistate all'estero e in patria si considerano tipicamente svizzere. Non sorprende che chi risiede in un'altra nazione sia più fermamente convinto che non sia necessario vivere in Svizzera per identificarsi con il Paese. Ciononostante, la metà di loro considera la Confederazione il miglior posto in cui vivere. Sebbene un terzo di queste persone non ritenga essenziale avere la cittadinanza elvetica, per un'ampia fetta di chi vive all'estero essa rappresenta una componente importante della propria identità.

Gli svizzeri e le svizzere all'estero reputano che le attività di svago siano una parte importante della vita di tutti i giorni. Dedicano al tempo libero circa 4,5 ore al giorno, più di quanto fanno le persone pensionate e quelle divorziate.

Stando al sondaggio, vivere in un altro Paese può anche avere un effetto positivo sulla salute: chi risiede all'estero è meno ansioso, più riposato, più calmo e meno depresso. Questa immagine di una diaspora elvetica più rilassata è rafforzata anche dal fatto che, rispetto alla popolazione in patria, è meno propensa a dichiarare di essere preoccupata nel quotidiano, ad esempio, a causa della conciliazione tra vita privata e vita professionale, del proprio lavoro, del proprio aspetto o dell'esigenza di migliorarsi.

Resta da capire se questo c'entri con il fatto che per gli svizzeri e le svizzere all'estero è più importante, rispetto a chi è in patria, cambiare le lenzuola una volta alla settimana. Entrambe le categorie rinunciano volentieri a pulire i vetri una volta ogni sei mesi, anche se all'estero succede meno frequentemente. D'altro canto, gli svizzeri e le svizzere all'estero sono più propense a rinunciare all'attività fisica settimanale, anche se il 64% pratica uno sport almeno una volta alla settimana.

Una panoramica completa dei risultati del sondaggio è disponibile qui:

In vista delle elezioni federali in autunno, la maggior parte degli svizzeri e delle svizzere all'estero (79%) prevede di esercitare i propri diritti politici. Tuttavia, la quota è inferiore a quello dell'elettorato in patria (91%). La diaspora ha meno dubbi sul fatto che i politici nella Confederazione sono tenuti a rispondere dei propri errori e nutre maggiore fiducia in chi rappresenta il mondo economico.

Per quanto riguarda il cambiamento climatico, una netta maggioranza delle persone intervistate afferma che è causato dall'essere umano e che è necessario intervenire immediatamente. Tra gli svizzeri e le svizzere all'estero c'è una maggiore convinzione che la Confederazione ha la responsabilità di agire a favore del clima; c'è anche più fiducia sul fatto che la Svizzera riuscirà a farlo a livello politico.

Le differenze sono evidenti anche nella volontà di impegnarsi per il clima. Mentre per gli svizzeri e le svizzere all'estero è più difficile, rispetto a chi è in patria, rinunciare a vivere in una casa unifamiliare (il 37% non vuole proprio farne a meno), all'estero è maggiore la volontà di non riscaldare eccessivamente i propri locali, di non utilizzare caldaie a gasolio o a gas e di fare parzialmente a meno delle auto con motore a combustione.

Come sta la quinta Svizzera?

Una "democrazia viva" ha bisogno di cittadini insoddisfatti

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Una piccola minoranza di abitanti in Svizzera afferma di essere infelice e Marc Bühlmann, politologo, spiega come la felicità influenzi la vita politica del Paese

Solo il 5% dei residenti in Svizzera dichiarano di essere infelici, secondo un sondaggio della SSR, Un fatto che non sorprende Marc Bühlmann, dato che la Svizzera è "ancora uno dei Paesi più felici del mondo".

Tuttavia, il sondaggio traccia un quadro più negativo della vita lavorativa. Il politologo sottolinea che, al di là della "felicità personale", la probabilità di poter "realizzare" ciò che si desidera è più complessa nel mondo del lavoro che nella sfera privata o politica.

A differenza del lavoro, i temi di dibattito non minano la soddisfazione generale degli svizzeri. La gente non si preoccupano ogni giorno del cambiamento climatico o della guerra come fanno i partiti politici e i media. Il loro ruolo è quello di "evidenziare le cose che non vanno bene" per "riflettere su questi temi", sottolinea Marc Bühlmann.

Per portare a un cambiamento, una "democrazia vivente" ha bisogno di cittadini insoddisfatti che abbiano la capacità o la volontà di cambiare qualcosa. Il politologo sottolinea che oggi ci sono molti interessi divergenti, ma che è difficile ottenere un cambiamento in Svizzera.

Le persone che vogliono un cambiamento devono dimostrare agli altri individui felici e "conservatori" - non in senso ideologico, ma che vogliono mantenere ciò che hanno già - che c'è un problema.

Questa inerzia può scontrarsi con i problemi attuali della Svizzera, tra cui la crisi climatica? Marc Bühlmann sottolinea che il tema della necessità di agire è stata un "pilastro della politica" fin dagli anni Sessanta e Settanta, e che i cambiamenti immediati sono più che altro il prodotto delle dittature.

Gli individui, a seconda della loro posizione nello spettro politico, non sono necessariamente d'accordo quando un partito richiede una soluzione d'emergenza a un problema specifico, afferma lo specialista.

Il sistema politico svizzero rimane quindi stabile, anche grazie al livello generale di felicità. I discorsi e i dibattiti sono gestiti pacificamente, in particolare con lo strumento della democrazia diretta, e il cambiamento è lento. Il tasso di soddisfazione si riflette anche nella bassa affluenza - circa il 50% - alle elezioni federali.

Il politologo dell'Università di Berna è cauto sulla rappresentatività dei risultati del sondaggio della SRG. Le persone più diffidenti nei confronti della scienza e dei media, che sono "soddisfatte a metà", non partecipano a questi sondaggi. Nonostante l'elevato numero di partecipanti, è quindi difficile che sia uno specchio fedele della popolazione residente in Svizzera.

La felicità e la democrazia

Paragonatevi con il resto della Svizzera

Come definirla? Perché alcuni paesi sono più felici di altri? Analisi su una delle condizioni più ricercate dagli esseri umani

Come calcolare la felicità di una nazione e della sua popolazione? Il World Happiness Report, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, da dieci anni usa una serie di parametri che sono: il supporto sociale, il reddito, la salute, la libertà, la generosità e l’assenza di corruzione. Il sondaggio viene condotto su un campione di persone dai 15 anni in su che devono rispondere a domande puntuali che si basano su una scala da zero a dieci, dove zero è il peggior risultato e 10 il migliore.

In generale è emerso che nonostante la pandemia e la guerra in Ucraina, i livelli di gentilezza e di ascolto nei confronti del prossimo sono superiori a quelli registrati prima del Covid.  

Lunedì 20 marzo, Giornata mondiale della felicità, è stata presentata questa statistica. Per il sesto anno consecutivo, a guidare la classifica è la Finlandia, seguita dalla Danimarca e dall’Islanda. All’ottavo posto si piazza la Svizzera, che perde quattro posizioni rispetto a un anno fa. A spezzare il dominio "nordico", ci pensa Israele, quarta posizione, che si lascia alle spalle Paesi Bassi, Svezia e Norvegia.

A brillare in questa classifica sono quindi i paesi del Nord Europa che riflettono un’immagine di una società solida, ricca e generosa, sana e democratica. Ultimi della lista sono Libano e Afghanistan, il primo confrontato da una crisi economica senza precedenti e il secondo dilaniato dalla guerra e controllato dal regime dei talebani.

Ma è tutto così lineare? Il caso Islanda

Per molti, ad ogni modo, la felicità è un sentimento che prevede troppe variabili per riuscire a inquadrarla in un unico schema. Prendiamo ad esempio l’Islanda, la terza classificata. Secondo un recente studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE), proprio qui si trova il maggior consumo di antidepressivi d’Europa, un consumo, va detto, che è raddoppiato in media in tutti i paesi europei negli ultimi 20 anni. Nel paese di vulcani e geyser vengono consumate 153 pasticche al giorno ogni mille abitanti.

Ma ci sono altri fattori da tenere in conto. Gli stessi analisti dell’OCSE sottolineano che questo incremento sarebbe da ricondurre a un miglioramento della capacità di diagnosticare la malattia, la disponibilità di trattamenti e l’evoluzione delle linee guida.

Inoltrandoci sempre di più sul tema su come calcolare la felicità, ci si rende conto che a ogni passo fatto, si aprono nuovi scenari, nuovi contenuti. Vediamo insieme un altro aspetto, quello per esempio del clima. Le nazioni del nord sopra menzionate sono confrontate con climi rigidi e inverni lunghi e bui. Questo ci porterebbe a pensare che in questi paesi è un po’ difficile essere felici. Invece, no. Su questo aspetto ci viene in aiuto un ricercatore italiano Ruben Durante che sottolineò nel 2010 come un clima rigido porti l’uomo a cooperare maggiormente e quindi a sviluppare un welfare più robusto, com’è il caso di Svezia, Finlandia e Islanda.

Un altro studio però, questa volta legato unicamente al clima, ci dice che la temperatura ideale per essere felici è 22 gradi. Per quale motivo? Secondo esperti australiani e cinesi autori di una ricerca condotta su oltre un milione e mezzo di persone tra Stati Uniti e Cina, chi vive in climi temperati sarebbe più socievole ed emotivamente stabile. Climi piacevoli permettono agli esseri umani di uscire più spesso, aumentando così le interazioni sociali.

E questa è la domanda della domande: ci sono due correnti di pensiero diametralmente opposte su questo tema. C’è chi dice che nella vita bisogna accontentarsi per essere felici e chi trova imprescindibile il rapporto tra potere economico e felicità. Anche in questo caso, seguendo la linea tracciata fino ad ora, seguiamo un altro studio, quello dei due premi Nobel per l’economia Daniel Kahneman e Angus Deaton della Princenton University i quali affermarono nel 2010 che la felicità quotidiana (negli Stati Uniti) aumentava con l’aumento del reddito annuo, ma che si stabilizzava sopra ai 75'000 dollari. Una tesi poi contestata da uno studioso dell’Università della Pennsylvannia. Per arrivarne a una, i due istituti hanno così deciso di unire le forze per trovare la “verità”. Ebbene, ecco la risposta che è emersa: più sei ricco e più sei felice se sei emotivamente stabile. Se invece vivi in una condizione pregressa di infelicità, maggiori entrate non andranno di pari passo con una maggiore felicità. 

Dopo aver aperto una matrioska dopo l’altra, è ancora difficile capire come sia possibile definire la felicità. A questo punto chiediamo aiuto alla saggezza indiana che ci permette di concludere questo articolo relativizzando il tutto. La parabola racconta di sei saggi ciechi che incontrano per la prima volta un elefante. Il loro compito è quello di descriverlo e definirlo toccando solo una parte del corpo dell’animale. Il primo tocca la proboscide e dice che l’elefante è come un serpente. Il secondo accarezza l’orecchio e afferma che è come un ventaglio. Il terzo stringe la coda e sentenzia che è una corda, il quarto afferra la zanna ed è sicuro che è una lancia e l’ultimo tocca il corpo che descrive come un muro. Nessuno insomma riesce a definire l’elefante per quello che è, ma è certo di averlo descritto nel modo corretto. Ci sembra che anche per la felicità valga lo stesso discorso. Non esistono studi capaci di darci una fotografia esaustiva di questa sensazione, ma solo visioni e interpretazioni parziali di essa. 

E-commerce, Ricchezza non è sinonimo di felicità 